Governo-sindacati, il fastidio di Landini. E Meloni: era una mano tesa, noi su mondi diversi

di Monica Guerzoni

Lo sfogo della presidente del Consiglio durante l’incontro a Palazzo Chigi: mi sarei attesa un «bravi». Polemiche con la Cgil

Governo-sindacati, il fastidio di Landini. E Meloni: era una mano tesa, noi su mondi diversi

Lo schiaffo con cui ha sferzato il leader della Cgil poche ora prima del confronto —scontro a Palazzo Chigi dice molto del perché Giorgia Meloni tenga tanto al decreto Primo Maggio . Una riforma che la premier ha fortissimamente voluto presentare in questa data simbolica, per mostrare «concretamente» agli italiani che il tema del lavoro non è appannaggio solo dei sindacati. Meloni ha ritenuto ingiusto l’attacco di Landini e lo ha detto forte, perché «non merito l’accusa di essere un’ipocrita». Poi si è chiusa nella sala Verde con uno Sbarra in versione «pompiere», con Bombardieri che ha fatto parlare una precaria di 36 anni e con il segretario della Cgil.

L’incontro inizia in un clima «cordiale» e si chiude due ore e mezzo dopo con parole concilianti della premier, per spazzar via gli echi di un battibecco piuttosto animato. Landini ribadisce tutto il suo fastidio per la scelta di riunire il Consiglio dei ministri il primo maggio e Meloni, che gli interlocutori definiranno «puntuta», difende la posizione marcando gli accenti: «Per lei approvare il decreto il 1° maggio è un affronto ai sindacati, per me invece è un modo di partecipare alla festa dei lavoratori con qualcosa di buono. Siamo su mondi diversi». È la coda del botta e risposta che aveva riscaldato il clima prima del vertice, con Landini che bocciava come «arrogante e offensiva» la riunione del governo nel dì della festa e la premier che bollava come «incomprensibili» le parole del segretario generale. Finché, nel bel mezzo dell’incontro, Meloni si sfoga: «Non è una mancanza di rispetto un Cdm il primo maggio per tagliare il costo del lavoro. È un segnale, una mano tesa. E mi sarei aspettata un “bravi”! Perché sul taglio del cuneo credo che siamo d’accordo…».

Dal discorso di Rimini, il primo di un premier al congresso della Cgil dal lontano 1996, è trascorso un mese e mezzo, ma la sintonia di quel 16 marzo è evaporata. A Landini la premier ha chiesto rispetto e lo ha rinchiuso con Sbarra e Bombardieri dentro un termine politicamente vetusto come «la triplice». E poi, durante il vertice, ha insistito sul «valore simbolico» di un provvedimento che contiene «norme significative in tema di sicurezza sul lavoro». Landini si lamenta che il governo convochi i sindacati a cose fatte e Meloni smentisce: «Riteniamo utile un confronto preventivo con le organizzazioni sindacali». Non è, assicura, «un appuntamento una tantum», ma la prova che il governo giudica «molto importante» portare avanti un dialogo «serio e costruttivo» anche su Pnrr, RepowerEu, salari, inflazione e le altre riforme in agenda. Quanto al reddito di cittadinanza, per Landini abolirlo «è una follia», mentre Meloni rivendica che la riforma si fa «per distinguere chi è in grado di lavorare da chi non lo è».

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