Attacco al Concertone: timori di un nuovo caso-Sanremo

Il 25 aprile è appena passato, e solo i doveri di governo hanno imposto a Meloni e ai suoi le celebrazioni di una festa a cui non hanno mai sentito di appartenere. Ora i timori della destra sono tutti rivolti alla line up del concerto di oggi, altro pezzo importante di quell’egemonia che i meloniani vivono come tabù da abbattere. Nove ore di musica dal vivo, circa 50 artisti presentati da Ambra Angiolini e Biggio, una diretta incontrollabile, con piccole pause per i telegiornali e i momenti clou quando di solito lo share è ai massimi. Parleranno anche il fisico e scrittore Carlo Rovelli, il drammaturgo Stefano Massini. Due anni fa fu sempre Fedez a far esplodere un caso, quando denunciò pubblicamente i tentativi della Rai e della Lega di controllare il suo intervento a favore del ddl Zan.

Meloni tenterà un controcanto, al termine del Cdm. Sa bene la forza che hanno i musicisti, la capacità di amplificare i messaggi: ancora le brucia la delusione per le critiche che le rivolse Damiano, il frontman dei Maneskin, uno dei gruppi da lei più amati. Difficile che con un governo così a destra, così orgogliosamente schierato contro la domanda di maggiori diritti per le coppie omosessuali, il concerto non regali qualche dispiacere alla premier. Difficile che non arrivino messaggi contro il precariato, contro il decreto appena approvato, contro l’esaltazione della famiglia tradizionale, contro le leggi sui migranti e anti-Ong, e magari anche contro l’invio delle armi all’Ucraina. A Palazzo Chigi se lo aspettano, tra i partiti della coalizione di governo lo danno per certo. E già sono pronti, irritati al punto giusto. Lucio Malan, capogruppo in Senato di FdI, per esempio: «Con il governo Meloni è cambiata la musica. Probabilmente non quella del concerto di domani, che sembra sia l’unica cosa interessi ai sindacati». Anche Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia sempre a Palazzo Madama: «Mentre la sinistra scende in piazza a fare concerti noi lavoriamo e approveremo un decreto per rilanciare l’occupazione». Poi c’è Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, e la sua teoria del putipù: «Il Primo maggio c’è chi lavora e chi va al concerto con il putipù e altri strumenti a cantare e ballare, a spese dei cittadini, perché la Rai lo paga con il canone dei cittadini. Ci sono i musici e i lavoratori. I lavoratori sono quelli che si riuniranno a Palazzo Chigi».

A Roma è prevista pioggia. Il centrodestra ci spera. Da quanto confermano fonti di maggioranza, ci sarebbero stati anche contatti con i dirigenti Rai, ma è stato spiegato che non si può fare nulla. Meglio evitare altre accuse di tentata censura. Artisti e cantanti diranno quello che vogliono.

LA STAMPA

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