“I 40mila sbarcati? Un amaro antipasto. Il peggio arriverà con il bel tempo”
Ministro Nello Musumeci, lei a Catania ha detto che sull’emergenza sbarchi «ancora non abbiamo visto niente».
«Spero di sbagliarmi ma l’allarme nasce da due considerazioni: lo storico degli ultimi 10 anni conferma come i movimenti maggiori si determinino tra luglio e settembre. Poi la condizione della Tunisia che è particolarmente grave, la nuova rotta della Cirenaica e il grande punto interrogativo della rotta turca perché non è da escludere che il calvario di Cutro possa diventare una nuova rotta. Senza dimenticare la rotta dei Balcani. Tutti questi elementi fanno pensare che i 40mila arrivati dal primo gennaio siano soltanto un antipasto amaro».
Lei invoca anche una reale collaborazione dell’Unione Europea. Pensa che Bruxelles questa volta si muoverà?
«Essere diffidenti o scettici è un diritto più che giustificato. Inutile nasconderci dietro un dito. Da 20 oltre anni l’Europa non ha una politica seria per il Mediterraneo. Abbiamo consentito che i veri padroni dell’Africa diventassero i cinesi e i russi. Sarebbe scorretto non prendere atto che da Bruxelles sono arrivati segnali verso gli appelli lanciati dal presidente Meloni. Che si possano tradurre in azioni concrete lo vedremo nelle prossime settimane».
Non sarebbe interesse dell’Europa intervenire?
«Certamente, se vuole riprendere un minimo di protagonismo nel Mediterraneo. Sottoscrivere accordi con i Paesi di partenza anche con impegni finanziari come fatto con la Turchia, rivedere il trattato di Lisbona, ormai vecchio di 33 anni, impedire la partenza di questi nostri fratelli disperati dopo avere neutralizzato la mafia degli scafisti significa definire un nuovo metodo di flussi. Gli immigrati possono arrivare in Europa in sicurezza senza pagare la tangente e con un minimo di abilità professionale con cui inserirli nei cicli produttivi delle imprese non solo italiane».
Lo stato di emergenza può essere utile?
«L’11 aprile si è determinato un ingolfamento assolutamente preoccupante che ha rischiato di determinare un collasso del sistema dell’accoglienza. Dichiarare lo stato di emergenza nazionale per calamità umanitaria è stata una necessità. Non è un toccasana, non è la soluzione, è uno degli strumenti operativi di cui c’è bisogno per evitare che queste persone disperate debbano vivere negli hotspot in condizioni di ulteriore disagio. Spero, anzi sono certo che i presidenti di regione faranno rete per offrire, ove necessario, strutture di accoglienza, senza più grandi concentramenti tipo Cara di Mineo, ma con una distribuzione più diffusa».
Pnrr, revisione del Patto di stabilità, immigrazione. È nel rapporto con l’Europa la chiave del futuro del governo Meloni?
«No, non sarei così drastico. Giorgia Meloni è riuscita a conquistare attenzione da parte dell’Ue molto meglio e più di alcuni suoi predecessori. Tanto il Pnrr quanto il Patto di Stabilità sono temi assai delicati al tavolo europeo su cui stiamo operando d’intesa con i colleghi Giorgetti e Fitto. Serve grande senso di responsabilità perché si tratta per il Pnrr di denaro ottenuto in prestito le cui rate di rimborso peseranno sulla testa dei nostri figli e nipoti».
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