Democrazie e autocrazie, gli esiti imprevisti
Le due opposte tesi hanno qualcosa in comune, condividono una concezione determinista della storia. Come se essa fosse dettata e dominata da forze inesorabili che trascinano gli esseri umani verso conclusioni già scritte in anticipo (la vittoria delle autocrazie per gli uni, delle democrazie per gli altri). Forze che prescindono dalla volontà e dalle scelte degli esseri umani e che si impongono ad essi. Aggrapparsi a concezioni deterministe della storia è un comprensibile errore. Serve a tenere sotto controllo l’ansia per il futuro, a illudersi di sconfiggere l’incertezza che domina le vite di tutti. Se non che la storia non funziona così. È condizionata, plasmata, dalle scelte, spesso frutti di errori di valutazione, pregiudizi, eccetera, di migliaia, di milioni di individui. E dagli esiti, imprevedibili, delle loro reciproche interazioni. Inoltre, è soggetta al caso, a fattori contingenti, a eventi per lo più inaspettati che avvengono ma che avrebbero potuto benissimo non verificarsi. Nessuno, ma proprio nessuno, né a Mosca né in Occidente, aveva previsto, prima dell’invasione, che gli ucraini fossero capaci di dare vita a una così formidabile resistenza. Chi pensa che tale resistenza sia solo il frutto dell’assistenza occidentale dovrebbe astenersi dal giudicare le faccende umane. È una attività che non fa per lui. Eventi imprevisti, inaspettati, ritenuti improbabili prima che si verifichino, incidono sul corso della storia e smentiscono regolarmente gli scenari, le anticipazioni del futuro, che fabbrichiamo (e non possiamo evitare di fabbricare) nel tentativo di disporre di bussole, di mezzi di orientamento. Anche il braccio di ferro fra democrazie e autocrazie è condizionato dall’incertezza, dalla possibilità di eventi inaspettati che possono fare la differenza, fare pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Come tutte le guerre anche quella in Ucraina è, nei suoi possibili sbocchi, imprevedibile. Una sola cosa prevedibile lo è. Gli esiti della guerra — che saranno decisi dal modo in cui si intrecceranno ciò che accadrà sui campi di battaglia e ciò che accadrà nei tavoli politici (della politica internazionale) — avranno ripercussioni ovunque, in Europa e nel resto del mondo. Non sarà l’unica partita che decreterà vincitori e vinti nella competizione fra il campo occidentale e i campi avversi, ma avrà comunque un grande peso sull’andamento successivo di quella competizione.
In ogni caso, eventi casuali e inaspettati a parte, senza sottovalutare l’importanza della leadership (le qualità e il carattere dei governanti), nelle rivalità fra potenze — con annessi modelli di civiltà — , sono in vantaggio quelle ritenute degne di essere difese da chi ne fa parte.
È comunque sempre istruttiva la storiella, tante volte narrata, del messaggero a cavallo inviato dal re per chiedere rinforzi alla vigilia di una battaglia decisiva. Nel tragitto, il cavallo del messaggero perde un ferro, si azzoppa e la sua corsa si arresta. I rinforzi non arrivano in tempo. Il re viene sconfitto in battaglia e perde il regno. La storia, in quella parte del mondo, è modificata per sempre. Un monito per chi crede di sapere in anticipo come andrà a finire.
CORRIERE.IT
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