Quando l’America non fa più paura sono gli europei a rischiare tutto

Siamo avvertiti. L’èra dell’irresponsabilità per i soci atlantici è trascorsa. Lo hanno capito tutti, anche se i fatti stentano a seguire. È il caso della Germania, dove dopo aver proclamato il 27 febbraio 2022 la “svolta epocale” il governo Scholz deve ancora spendere un centesimo dei 102 miliardi stanziati per il riarmo. L’opposto della Polonia, che si considera a tutti gli effetti in guerra con la Russia – il tempo delle dichiarazioni formali è scaduto dal 1945 – e sta dotandosi di armamenti di punta, soprattutto americani, per diventare entro dieci anni la massima potenza militare d’Europa (Bomba inclusa?). La Francia, unica potenza nucleare dell’Europa continentale, intensifica le esercitazioni per prepararsi a una guerra di terra fra grandi unità, rivedendo radicalmente qualità, tipologia e impiego degli armamenti

. Anche le Forze armate italiane ragionano su come convivere con la scomoda realtà per cui le guerre non le decidiamo più noi – ultimo caso la Jugoslavia, in tono minore la Libia – ma ci vengono imposte dal nemico. Senza troppa pubblicità si cerca di rifornire con armi e munizioni contemporanee i magazzini svuotati per aiutare la resistenza ucraina con strumenti non sempre aggiornatissimi. Ma il nostro non è tanto limite tecnico, quanto culturale. Se per tre quarti di secolo ti consideri immune dalla guerra, difficile accettare il cambio di paradigma. La pace non è dono divino e nemmeno americano. Richiede plebiscito quotidiano. E relativa manutenzione.

Colpisce ma non stupisce il silenzio della politica. Come se la guerra in Ucraina fosse parentesi che presto si chiuderà e tutti torneremo più belli e sicuri di prima. Una cosa, sacrosanta, è non eccitare isterismi. Altra è rimuovere la realtà. L’equilibrio fra i due errori è, o dovrebbe essere, l’arte della politica.

LA STAMPA

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