Carlo III, il sovrano pensoso riuscirà ad essere popolare?

di Beppe Severgnini

L’hanno descritto apatico, distaccato, stanco. No: Carlo III era pensoso. Sotto la pioggia di Londra – il cielo inglese non perdona neppure i reali – è andato in scena uno spettacolo per il mondo e un esame di coscienza per la famiglia reale britannica: saremo ancora degni della corona, del ruolo, dei privilegi, della nostra storia? La domanda è questa. Carlo, uomo intelligente, lo sa.

Ciò che è accaduto alla famiglia reale negli ultimi trent’anni non è stato esemplare, e alcuni sudditi hanno iniziato a metterla in discussione. Non molti. Sono molti di più, e più insidiosi, coloro che stanno perdendo interesse nell’istituzione. L’anacronismo di una cerimonia come quella di ieri è stato cancellato dalla bellezza delle coreografie, dalla forza dei simboli, dalla potenza della musica, dalla dolcezza dei ricordi collettivi. Ma tutto questo, se i reali non meritano ciò che il popolo gli concede, non basterà.

Le monarchie raramente vengono cacciate: si eliminano da sole. Carlo ne è consapevole, e tutto lascia pensare che sarà un buon sovrano, attento e pratico. «To serve, not to be served». Per servire, non per essere servito. Queste parole, pronunciate dall’arcivescovo di Canterbury e ripetute dal re, sono la chiave del futuro. Se la monarchia servirà, resterà. Se si renderà irrilevante – un versione pomposa di Hollywood – verrà dismessa. Harry dovrebbe spiegarlo alla moglie Meghan, al ritorno in California.

La figura solitaria del duca di Sussex non ha tolto festosità all’evento. Gli inglesi hanno un enorme talento per le cerimonie, bisogna dire (se lo trasferissero al governo, guiderebbero l’Europa e non l’avrebbero abbandonata). Lo spettacolo della Coronation è riuscito ad affascinare – a commuovere, perfino – un mondo in grande cambiamento. Nell’Occidente che mette continuamente in discussione sé stesso – passato, tradizioni, gerarchie, genere – la monarchia britannica appare immune.

Certo, è stata cauta nell’affrontare i tempi nuovi. La varietà di etnie presenti ieri nell’abbazia di Westminster – a cominciare dal primo ministro in carica – era impressionante e ammirevole. I personaggi controversi, come il principe Andrea, silenziosamente messi da parte. Dogmi e princîpi, avvolti in un’attenta bambagia verbale. Era bizzarro ascoltare Carlo che assumeva la guida della chiesa anglicana, e prometteva d’essere un buon protestante, quand’è noto il suo ecumenismo. «Sarò il difensore delle fedi», ha detto più volte. Quel plurale i suoi antenati non l’avrebbero usato.

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