Lavoro, salari troppo bassi e posti migliori in mano agli anziani: l’Italia è contro i giovani
Fatto sta che non solo oggi lo stipendio di ingresso è più basso rispetto a 30 anni fa. Ma c’è pure un tappo alla carriera. Che fare? «I lavoratori più giovani cercano di passare ad altre aziende per poter rilanciare la propria carriera. Si spostano più che in passato, le loro carriere sono sempre più segmentate e spezzettate», dice Bianchi. Ma ancora una volta l’ambizione resta delusa. «In generale cambiare lavoro non si rivela una strategia vincente. Secondo i nostri studi rispetto al 1985 il cambiamento di salario, passando da una società all’altra, vale il 20% in meno». Senza tener conto di un altro fattore, ossia che «i lavoratori anziani tendono a restare più a lungo nelle imprese che pagano meglio, rendendo complicato per i più giovani accedere alle aziende migliori», fa notare Bianchi.
La tendenza è comune all’occidente sviluppato, con alcune eccezioni. In Australia, paese peculiare per molti aspetti, tra il 1981 e il 2018 (i dati non sono omogenei) l’età dei lavoratori è cresciuta di appena il 6,2% e la disparità delle paghe ancora meno, poco più del 3,6%. Ma negli Stati Uniti, per esempio, dove per restare al lavoro non c’è nemmeno la ragione di dover attendere di raggiungere l’età per accedere a una pensione pubblica, tra il 1979 e il 2020 l’età media di chi è al lavoro è crescita del 12,51% e la disparità tra le paghe del 12% circa. Tutto il mondo è paese. E non è un paese per giovani.
LA STAMPA
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