Latte salato, il prezzo esplode del 20%. Le industrie: “Colpa dello tsunami sui costi”

«In questa fase siamo tutti molto attenti alle esigenze dei consumatori, il problema è che l’anno scorso e nei primi tre mesi di quest’anno abbiamo vissuto uno tsunami legato alla crisi dell’energia che tutti conosciamo che ha lasciato il segno», spiega Massimo Forino, direttore di Assolatte, l’associazione che raggruppa tutte le industrie del comparto lattiero-caseario italiani. «Il prezzo del latte alla stalla – aggiunge – è passato da 38 centesimi al 58 centesimi in sei mesi e il latte incide per il 70-80% sui nostri costi di produzione. A questo poi si sono aggiunti gli aumenti di gas, elettricità, benzina, gasolio, plastica e imballaggi. Inevitabile per le imprese trasferire parte di questi aumenti sui prezzi al consumo, perché altrimenti non sarebbero riuscite a restare in piedi, a garantire le forniture e la qualità dei nostri prodotti, che per questo sono famosi nel mondo, e a riconoscere agli allevatori quanto chiedano». Forino non nega che gli aumenti ci siano stati e che «siano stati percentualmente importanti, però dal punto di vista assoluto – non contesto i numeri di Assoutenti, perché sommandoli tutti so bene che tante famiglie faticano ad arrivare a fine mese – parliamo di cifre contenute. Per comprare latte, burro, formaggio e yogurt l’italiano medio spendeva 80 centesimi al giorno, per rifornirsi di quello che è uno degli alimenti di base della dieta; per cui pur a fronte di aumenti importanti, anche se si è cercato di limitarli allo stretto indispensabile, si parla di 20-25 centesimi in più al giorno. Questi sono i valori in campo. Rispetto all’aumento di costi che hanno dovuto sopportare le imprese per tutti gli aumenti in termini di spesa mensile delle famiglie ha inciso relativamente. Poi certo questo si somma al resto…». Ovviamente, il tutto si è riflesso sui consumi, che anche per Assolatte hanno fatto segnare una leggera contrazione. «A fronte degli aumenti complessivi che le famiglie hanno sopportato, anche nell’alimentare si registra una contrazione dei consumi domestici. Che in realtà – conclude Forino – per noi sono in parte bilanciati con l’aumento dei consumi fuori casa, perché dopo il lockdown la gente per fortuna ha ripreso ad uscire ed ha voglia di mangiare fuori».

LA STAMPA

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