Se la Francia conia anche l'”eco-ansia”

Francesco Maria Del Vigo

Avviso ai lettori: i collezionisti di ansie e gli ipocondriaci patologici abbandonino immediatamente queste righe, prima di iniziare ad avvertire un nuovo malessere del quale non conoscevano neppure l’esistenza. Il dizionario francese Petit Larousse ha inserito ben 150 nuovi vocaboli nella sua ultima edizione, tra questi ne spicca uno che in Italia ancora non esiste, ma non abbiamo dubbi che tra poco inizierà a spopolare: eco-ansia. Si tratta di «una forma di ansia legata ad un sentimento di impotenza di fronte alle attuali problematiche ambientali, una paura cronica di una catastrofe ecologica irreversibile provata per lo più dai ragazzi». Vocabolo nuovo di zecca per una «patologia» già ben radicata anche dalle nostre parti. Perché il dubbio che tra i militanti ecologisti più estremi, quelli che lanciano vernice contro palazzi e opere d’arte o si denudano in mezzo alla strada, serpeggiasse una sorta d’isteria lo avevamo sospettato. D’altronde ansia ed esasperazione sono allo stesso tempo causa e nutrimento di una cultura dell’apocalisse sempre più diffusa. Basti pensare alla più nota associazione di attivisti pro ambiente: «Ultima generazione», un nome menagramo davanti al quale è lecito abbandonarsi a gesti apotropaici, ma che soprattutto rivela tutto l’eccesso di catastrofismo che pervade una parte della società. Che è ben altra cosa dalla legittima e sacrosanta preoccupazione per i destini del nostro mondo. Il problema è che se pensi che tutto stia per finire da un momento all’altro, ti senti autorizzato ad agire in modo emergenziale, senza perdere tempo con inutili quisquilie come la legge e la democrazia. E questo, sì, fa venire una certa agitazione, ben poco ecologica e molto politica.

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