Meloni a Praga compatta i sovranisti: si accende la sfida per le Europee 2024

La premier precisa che con Macron avranno occasione di vedersi al Consiglio d’Europa a Reykjavik e subito dopo al G7 in Giappone. Questa volta il discorso, sulle «dichiarazioni aggressive che servono a parlare all’opinione pubblica francese», viene allargato anche a Yolanda Dìaz, la vicepremier e ministra del Lavoro spagnola che ha accusato il governo italiano di favorire la precarietà. «Non è proficuo utilizzare le relazioni internazionali per risolvere i problemi di politica interna – risponde Meloni -. Se in Europa c’è molta gente che parla di noi è perché probabilmente il nostro lavoro lo stiamo facendo molto bene». Nel caso della Spagna, la premier tiene anche a precisare che «forse non si conosce bene il lavoro che stiamo facendo». Cita il «record storico di occupati e contratti stabili», che però non può essere riferibile al decreto appena varato e finito nel mirino della ministra Dìaz.

Sta di fatto che sono dinamiche che, ribadisce la presidente del Consiglio italiana, si infiammano per i rapporti di forza interni, per ragioni di consenso in patria. Ne è la prova che «si cita il governo italiano e si fa riferimento a partiti dell’opposizione». A Meloni non sfugge infatti che sia in Francia sia in Spagna, macroniani e sinistra spingono sul paragone tra Le Rassemblement national di Marine Le Pen, Vox e la destra italiana, anche se l’ex Front National è un alleato europeo della Lega di Matteo Salvini e non della premier.

Sono i primi passi della lunga campagna elettorale per le Europee del 2024, che a Madrid incrocerà anche la sfida per il governo, a fine anno, tra socialisti, popolari, la sinistra e l’incognita di Vox, i sovranisti affiliati a Meloni. I confini delle appartenenze si stanno già delineando. La casualità c’entra poco. La geografia traccia una chiara strategia: i conservatori vogliono diventare un polo di attrazione per i popolari europei, per convincerli a staccarsi da socialisti e liberali nei futuri equilibri di Bruxelles. Meloni non è ancora stata a Parigi, perché la frattura con Emmanuel Macron le ha impedito di compiere uno dei primi riti onorati dai presidenti del Consiglio appena entrano in carica. Le diplomazie stavano provando a ricucire da settimane, ma le esternazioni di Darmanin hanno bruciato tutti i tentativi, al punto da costringere il ministro degli Esteri Antonio Tajani ad annullare la sua cena a Parigi con l’omologa francese. In Germania, a Berlino, altro Paese alleato governato da una coalizione di centrosinistra, Meloni è andata con calma, quasi due mesi dopo. Ha preferito tappe con chi le è più affine politicamente. Il tour tra i conservatori è iniziato in Polonia, a Varsavia, in occasione del viaggio a Kiev, ed è proseguito a Londra, nel Regno Unito, oggi fuori dall’Unione europea, che è patria di quel modello di pensiero dove Meloni intende traghettare il suo partito, per liberarlo dai fantasmi mai completamente rinnegati del post-fascismo del Movimento sociale italiano. E infine, Praga. La città dove si immolò Jan Palach, l’eroe della resistenza anti-sovietica che per FdI vale più di tanti partigiani italiani.

LA STAMPA

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