Fazzolari sulle riforme: «Il ruolo del capo dello Stato? Non sarà depotenziato»
di Monica Guerzoni
Il sottosegretario a Palazzo Chigi e mente del programma di Meloni: «Non si vede la necessità di una commissione bicamerale sulle riforme»
«La Francia? Non stanno facendo una bella figura».
Giovanbattista Fazzolari, per il partito di Macron la premier Meloni è «disumana e inefficace sui migranti». Perché Parigi ha preso di mira il governo italiano?
«Questi continui attacchi non denotano un buono stato di salute del
governo di una grande nazione — risponde il sottosegretario
all’Attuazione del programma —. Prima dicevano che dovevamo accogliere
tutti i migranti, ora ci chiedono di contrastare l’immigrazione illegale
di massa. Per noi è un enorme successo aver fatto cambiare linea al
governo francese. Ora ci aspettiamo che la Francia sia coerente e
sostenga in Europa le proposte italiane per contrastare l’immigrazione
illegale».
Sul lavoro volete tornare ai contratti spazzatura, come accusa la vicepremier socialista spagnola Dìaz?
«Con il governo Meloni abbiamo raggiunto il record storico di
contratti stabili a tempo indeterminato. Questi sono i dati, il resto è
propaganda».
Per Elly Schlein la priorità è il lavoro, non le riforme.
«Una riforma che dà stabilità al governo è la principale misura
economica che si possa dare all’Italia, che negli ultimi vent’anni è
cresciuta nel complesso del 4%, mentre Francia e Germania crescevano del
20%. Un divario figlio anche della fragilità e instabilità dei governi,
per questo la riforma è fondamentale per il bene della nazione».
Meloni punta ai pieni poteri? O, per dirla con la battuta di Schlein, a una monarchia illuminata?
«Questa riforma non può entrare in vigore prima della fine della
legislatura. Non siamo così ingenui da immaginare di fare a nostro
vantaggio qualcosa che accadrà nel 2027. E non possiamo prevedere chi
sarà fra 4 anni il soggetto politicamente più forte».
Eppure per Meloni è «la madre di tutte le riforme»…
«Il presidente Meloni ha rilevato due grandi criticità. La prima è
la totale instabilità dei nostri governi, che cambiano in media ogni due
anni. E questo, per un Paese grande e potente, comporta difficoltà a
stare ai tavoli internazionali. Sorprende che l’allarme abbiamo dovuto
lanciarlo noi».
Le sembra che le opposizioni lo abbiano recepito?
«Tutte le forze condividono l’idea che l’attuale sistema
istituzionale italiano non funziona, è già un enorme punto di partenza.
Il secondo grande problema è che governi sempre più scollegati
dall’esito del voto popolare comportano una totale disaffezione
dell’elettorato e quindi una delegittimazione delle istituzioni. Sul
come affrontare questi problemi ci sono grandi distanze, ma tutti
concordano sul fatto che il nostro sistema istituzionale sia un elemento
di fragilità per il Paese».
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