Covid, Crisanti: “Vogliono smontare la mia perizia ma si potevano evitare 4 mila morti”

Filippo Femia

«Se mi dovessi difendere direi la stessa cosa, che il perito ha sbagliato». Non è sorpreso Andrea Crisanti, professore di Microbiologia e senatore del Pd, per l’attacco degli avvocati di Roberto Speranza. L’ex ministro della Salute è, insieme all’ex premier Giuseppe Conte, uno dei 19 indagati nell’inchiesta della Procura di Bergamo sulle prime fasi della pandemia. La perizia di parte, un documento chiave per l’accusa, è firmata da Andrea Crisanti.

Gli avvocati di Roberto Speranza puntano il dito contro di lei: «Ha commesso gravi errori che hanno tratto in inganno la Procura». Cosa risponde?
«Non mi meraviglio. È compito della difesa sfidare le conclusioni del perito di parte. Adotterei la stessa strategia, se fossi al posto loro. Nei prossimi mesi cercheranno sistematicamente di smontare la mia perizia, ma è una cosa legittima. Salutare, perfino. Quello che vogliamo tutti è che emerga, nel confronto, una verità processuale. Ma entrerò nel merito della questione solo in sede dibattimentale, se ci sarà».

La difesa dell’ex ministro della Salute sostiene che la comunicazione dell’Oms agli Stati risalente al 5 gennaio 2020 era una raccomandazione non vincolante.
«Quel documento dell’Organizzazione mondiale della sanità era tecnicamente un allarme. Va contestualizzato con gli automatismi previsti dal piano pandemico, incardinato nella legge italiana»

Il piano pandemico italiano, risalente al 2006, era «inefficace» come sostengono gli avvocati dell’ex ministro Speranza?
«L’Oms monitorava periodicamente i piani pandemici dei diversi Stati, chiedendone un eventuale adeguamento. Non sono in grado di stabilire quali informazioni avesse l’Oms sul piano pandemico italiano».

Giuseppe Conte è accusato per la mancata zona rossa ad Alzano e Nembro. Nella sua perizia sostiene che un lockdown dal 27 febbraio 2020 in Val Seriana avrebbe evitato 4.148 decessi, 2.659 se la stretta fosse stata introdotta il 3 marzo.
«Negli ultimi vent’anni i modelli matematici hanno raggiunto un’accuratezza senza precedenti. Scandiscono la nostra vita negli aspetti più disparati, se vi rinunciassimo faremmo un salto indietro di mezzo secolo».

Lei parte dal presupposto che nella gestione della pandemia ci sono stati errori e omissioni?
«Nel comportamento umano ci sono sempre, è inevitabile. Ma non necessariamente hanno rilevanza penale. Nella mia perizia ho cercato di ricostruire i fatti, il mio non è un atto d’accusa: è un contributo per ricostruire la verità storica di quel periodo. Capire cosa non ha funzionato è fondamentale per evitare di commettere gli stessi errori in futuro».

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