Torino, il patto arcobaleno
Claudia Luise, Maurizio Tropeano
«Benvenuti alla festa della natalità». Vladimir Luxuria
saluta così dal palco del Teatro Carignano i 300 sindaci arrivati a
Torino per chiedere al Parlamento di approvare una legge che non
discrimini i figli delle famiglie arcobaleno. Non sceglie a caso la
parola natalità, che con la mente rimanda proprio alle dichiarazioni di
poche ore prima, rilasciate dalla premier Giorgia Meloni che l’ha
definita «una priorità assoluta». E anche Chiara Appendino, deputata del
M5S, che quando era sindaca del capoluogo piemontese è stata la prima a
registrare i figli di due mamme, fa il verso alle parole di Meloni:
«Dice che è donna, madre e cristiana? Lo sia anche con questi bambini».
Le città per i diritti, i sindaci uniti a Torino per le famiglie arcobaleno: l’integrale
Torino si propone come città laboratorio, da cui parte un
“patto arcobaleno” che ha come punto centrale il riconoscimento del
matrimonio egualitario, lo strumento che i primi cittadini di Torino
(Stefano Lo Russo), Roma (Roberto Gualtieri), Milano (Giuseppe Sala),
Bari (Antonio De Caro), Firenze (Dario Nardella), Bologna (Matteo
Lepore) e Napoli (Gaetano Manfredi) hanno messo al centro della loro
mobilitazione. Un appuntamento voluto da Lo Russo, di cui La Stampa è
media partner, condotto dal direttore Massimo Giannini e dalla
vicedirettrice Annalisa Cuzzocrea. «Non deve essere una battaglia di un
partito ma di un Paese», è il messaggio trasversale che arriva dalla
sala. Lo dice chiaramente Giannini: «È una questione no-partisan.
Bisogna creare alleanze, la politica può farlo. Ci deve provare anche il
Parlamento, ma in questa fase la sensazione è opposta». Il direttore
annuncia che La Stampa ha introdotto la figura del Diversity manager.
«Il problema per il governo – come rimarca Cuzzocrea – è il diritto di
due omosessuali ad avere una famiglia. E il Parlamento ha evitato
accuratamente di occuparsene come fa spesso con le cose che riguardano
la carne viva delle persone». Invece, aggiunge Giannini, «non c’è
proprio niente da tollerare, di fronte alla normalità dell’amore in
tutte le sue forme e le sue espressioni». Per questo, come esordisce Lo
Russo, «si tratta di una battaglia doverosa e complessa, che coinvolge
il nostro futuro. Una battaglia che non rientra sotto nessuna bandiera
di partito».
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