Caro affitti, cos’è l’effetto Airbnb

Giuliano Balestreri

Da un lato c’è l’indotto per bar e ristoranti che, solo per l’Italia, Airbnb calcola in oltre due miliardi di euro l’anno a cui si aggiunge una «spinta alla microimprenditorialità»; dall’altro c’è una costante pressione sui prezzi degli affitti. La protesta delle tende è in qualche modo figlia dell’effetto Airbnb. «Durante il Salone del Mobile, a Milano, riesco ad affittare il mio bilocale in zona semicentrale a 300 euro a notte, capita anche di arrivare a 350 euro. Poi ci sono la moda, gli eventi sportivi, i concerti. I pagamenti sono garantiti e la casa è sempre nella mia disponibilità». Il racconto di Riccardo, manager pugliese da anni nel capoluogo lombardo, spiega più di tante parole perché l’effetto Airbnb e gli affitti brevi siano destinati ad aumentare sempre di più. E il think tank Tortuga ha calcolato che un aumento dell’1% delle penetrazione di Airbnb implichi una crescita del 7% del costo degli affitti.

Una lettura che l’Aigab, l’associazione dei property manager in Italia, guidata da Marco Celani, contesta fortemente: «Solo a Milano ci sono 190 mila appartamenti in affitto, di questi appena 15/16 mila sono disponibili sulle piattaforme a breve termine. Come si può pensare che bastino a influenzare l’andamento del mercato? Il problema del caro affitti, piuttosto, è da collegare all’inflazione e in alcune città che hanno un importante bacino studentesco (Milano, Roma, Bologna e Firenze) alla carenza di posti letto per studenti». Un problema che – secondo il manager – si potrebbe risolvere alla radici indagando sulla fuga di studenti dalle università del Mezzogiorno e soprattutto con il tempo: «I politici sembrano non saperlo, ma grandi operatori italiani e stranieri stanno costruendo 7 mila posti letto in studentati, per cui il problema si risolverà grazie al mercato, senza bisogno di limitazioni alla disponibilità delle case delle famiglie italiane».

Resta il fatto che nell’immediato trovare una soluzione è difficile. Anche perché mano a mano che gli affitti a lungo termine scadono, vengono sostituiti da affitti a breve che hanno le stesse agevolazioni fiscali, attraverso la cedolare secca (una tassazione fissa al 21% che non fa cumulo con il reddito), ma con un vantaggio importante: tra un affitto breve e l’altro i canoni possono oscillare liberamente; i contratti tradizionali a medio e lungo termine, invece, sono immutabili. Anche di fronte all’inflazione che sale del 7%. C’è poi un altro aspetto tutt’altro che secondario: nel caso di affitti transitori pensati ad hoc per studenti e lavoratori in trasferta, il rischio di avere l’appartamento vuoto durante l’estate è molto alto. Motivo per cui, sono sempre più i proprietari che preferiscono non vincolarsi a un contratto, per poter sfruttare i picchi di prezzo durante l’anno anche a costo di lasciarlo vuoto per mesi.

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