Giuseppe Conte: “Gli Stati Generali per cambiare la tv pubblica. Il bellicismo di Meloni nasconde i problemi”
Non confonde il pacifismo con l’antiamericanismo?
«Ho
sempre chiarito che la nostra collocazione atlantica non è in
discussione. Ma con gli alleati ci si confronta. Se prendiamo solo delle
indicazioni allora siamo subordinati».
Da presidente del Consiglio avrebbe comunque detto no all’invio delle armi?
«Mi
sarei adoperato in tutti i modi per convincere gli alleati europei che
se davvero vogliamo proteggere gli ucraini e la nostra sicurezza
dobbiamo essere più coraggiosi e coinvolgere tutti nel processo di pace,
evitando l’escalation militare russa. E ancora mi domando perché
Giorgia Meloni sia rimasta in Italia a discutere di rave party anziché
andare in Cina come Scholz, Macron e molti altri leader europei».
Vuole dire che a livello internazionale pesava più lei di Meloni?
«Non
voglio fare confronti personali. Ma osservo che oggi l’Italia, sia a
Washington sia a Bruxelles, si sta limitando a seguire indicazioni di
altri e non incide su nulla: dall’economia alla guerra,
dall’immigrazione alla transizione ecologica. Eppure in campagna
elettorale la premier diceva che con lei al governo per l’Europa sarebbe
finita la pacchia. In verità non tocchiamo palla».
Meloni vuole reintrodurre la leva volontaria in Italia, condivide?
«Per
la destra la passione per le armi è come il richiamo della foresta. Io
mi concentrerei di più su contratti stabili, retribuzioni, casa e
famiglia».
La passione della destra per le armi va di
pari passo con quella per la Rai. Ieri Fabio Fazio e Luciano Littizzetto
hanno salutato la tv pubblica. Stupito?
«Direi che è uno
dei tanti disastri della gestione Fuortes, un manager che non si era mai
occupato prima di radiotelevisione. Il risultato si è visto».
Che cosa c’entra Fuortes?
«Mi risulta che il contratto in scadenza di Fazio fosse sul suo tavolo da molti mesi. Non ha mosso un dito».
Salvini ha commentato sarcasticamente: Belli ciao. È come se riservasse a Fazio e Littizzetto un rancore incessante.
«Non
voglio sapere se Salvini abbia un problema personale con Fazio e
Littizzetto o no, certamente un ministro farebbe meglio a non esprimersi
sui singoli per non dare l’impressione che il governo di cui fa parte
ricorra alla censura».
Fazio faceva parte dei comunisti col colbacco?
«Chi lo considera così?».
A occhio sia Salvini sia il ministro Sangiuliano.
«Più
che un comunista, Fazio mi è sempre sembrato un democristiano che molto
astutamente sa come curare il suo mondo di riferimento».
Le piace Giampaolo Rossi?
«Non
lo conosco per potere esprimere un giudizio. Non saprei esattamente che
cosa dire di lui, se non che mi auguro che faccia un buon lavoro e che
assieme agli altri assicuri il pluralismo delle voci e non cancelli
trasmissioni come Report che sono l’essenza del servizio pubblico».
La destra di governo sembra ossessionata dall’egemonia culturale della sinistra.
«Devo darle una risposta ipocrita?».
Domanda retorica?
«Domanda
retorica. Lo sappiamo tutti che in Rai i riferimenti culturali di
sinistra sono da sempre molto forti. Una capacità di far passare la
propria visione che si è accompagnata con lo scarso spessore culturale
dimostrato dalla destra».
Come se ne esce?
«Intanto
cancellando la riforma Renzi. Ha fatto danni inenarrabili, esponendo la
tv pubblica a un’influenza ancora maggiore del governo di turno».
Per sostituirla con che cosa?
«Con
un nuovo progetto. Lancio un appello alle forze di maggioranza e di
opposizione. Avviamo degli Stati Generali della tv per programmare una
riforma che possa definire più compiutamente (aggiornandola) la missione
del servizio pubblico».
Vasto programma.
«Forse,
ma dobbiamo fare in modo che tutte le componenti politiche, culturali e
sociali del Paese possano riconoscersi nel nuovo progetto. La Rai va
ripensata nella governance e nella struttura, per renderla più
competitiva rispetto alle piattaforme televisive che la stanno spingendo
fuori dal mercato».
I partiti dentro o fuori?
«Completamente fuori».
Perché la maggioranza dovrebbe dirle di sì?
«Perché
la riforma partirebbe dalla prossima legislatura. Questa maggioranza
sta facendo semplicemente quello che hanno fatto tutti prima di lei».
Compresi i suoi governi?
«Noi
non avevamo professionisti di riferimento ed è per questo che abbiamo
scelto un manager esterno, esperto di prodotti televisivi e privo di
appartenenze politiche come Salini».
È vero che la Rai di oggi ha venature giallonere?
«Di
scemenze ne vengono dette tante. Questa certamente è una delle più
clamorose e infondate. Ricordo peraltro che nella tradizionale
spartizione tra partiti, il Movimento 5 Stelle è l’unico rimasto fuori
col governo Draghi».
Vuole rifarsi?
«Assolutamente
no. La nostra più grande ambizione è valorizzare quei dipendenti Rai di
grande professionalità che non trovano spazio perché non hanno colore
politico».
Alessandro Di Majo, consigliere in quota M5S, oggi in cda voterà con la maggioranza o contro?
«Deciderà
lui, in scienza e coscienza. Se fossi io al suo posto sospenderei il
giudizio in attesa di capire meglio i nuovi orientamenti».
Li guarda i 5 minuti di Vespa?
«Mai avuto il tempo. E, se non ne fossi stato protagonista, non avrei visto neppure quello a cui ho partecipato».
La Rai sta lasciando a La7 il ruolo che una volta era di Rai3?
«Mi
pare che questo rischio non ci sia, almeno fino a quando Rai3 sarà
presidiata da Mario Orfeo che difende la sua area politica di
riferimento come un pretoriano».
Ha seguito il caso
Rovelli, censurato alla fiera del libro di Francoforte per avere
attaccato il ministro Crosetto il primo maggio?
«Sì. E ho trovato indegna questa censura preventiva nei suoi confronti. Penso che il commissario Levi dovrebbe dimettersi».
Il governo sostiene di non essere mai intervenuto. Ci crede?
«Non ho informazioni di prima mano».
Presidente, lei come li sceglie i colori dei vestiti?
«Li
scelgo da me. E generalmente uso il blu. Senza adattarmi
all’interlocutore. Davanti al Papa, per esempio, non andrei vestito di
bianco e con Zelensky non mi vestirei di nero».
I colori degli alleati politici, invece?
«Li scelgo sulla base dei progetti concreti che perseguono e degli impegni che mantengono».
Torna di moda il giallorosso?
«Per il momento mi tengo stretto i colori del Movimento 5 Stelle. Per le alleanze c’è ancora tempo».
LA STAMPA
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