Michele Serra: “La destra vuole la sua propaganda, sentirsi inferiore la rende aggressiva”

Annalisa Cuzzocrea

Michele Serra, la Rai esiste da 70 anni, Fabio Fazio ci ha lavorato per 40. Adesso è stato praticamente spinto fuori. Che pericolo rappresentava?
«Fazio ha sempre lavorato in totale autonomia e non ha debiti politici da saldare. Deve tutto quello che ha solo al proprio lavoro, dunque a se stesso. Ho lavorato con lui per molti anni, fino al 2015, non ha amici politici e non frequenta la politica. Nel mondo partitico/romano che si contende da sempre la Rai, sono qualità controproducenti».

Dovrebbe essere il contrario?
«Dovrebbe, ma se un gruppo di potere decide che la televisione pubblica deve diventare la fabbrica della sua “narrazione”, che è un modo elegante per dire propaganda, uno come Fazio è inservibile. Bene che vada, può essere tollerato. Ma per lavorare bene non ci si può sentire “tollerati”, ci si deve sentire sostenuti dal proprio editore. Ha fatto benissimo ad andarsene».

Qual è il problema della Lega di Salvini con Che tempo che fa, dove non si registrano attacchi sguaiati e che ha sempre invitato tutte le parti politiche. C’è un problema di immaginario?
«Nel caso di Salvini suppongo che il problema sia di tipo antropologico più che politico: è il prepotente scamiciato che odia e deride il primo della classe un poco azzimato, come accade in ogni classe di scuola media. Credo che le buone maniere di Fabio facciano parte, per quelli come Salvini, dello stigma del radical-chic. Ci sarebbe solo da sorridere (di Salvini) se negli anni, con il supporto di giornali scritti con il bastone, i social di destra non avessero animato un vero e proprio linciaggio, pieno di insulti e minacce, fondato sulla fola di “Fazio che invita solo quelli di sinistra”. Su quella poltrona bianca sono passati quasi tutti i leader della destra, da Berlusconi a Storace a Fini allo stesso Salvini. Quest’anno Meloni era stata invitata alla prima puntata, per evidenti ragioni di rilievo giornalistico, ma non ha accettato l’invito».

Che tipo di Rai ti aspetti, visto che si profila una pressoché totale “occupazione” degli spazi?
«La Rai ha forti valori professionali interni, e perfino qualche dirigente, che lavorano per il bene dell’azienda e non per vassallaggio politico. Ma questo tessuto sano è come ingabbiato, la cappa dei partiti pesa sull’informazione e, negli ultimi anni, perfino sull’intrattenimento. Non vogliono controllare solo i tigì, anche le canzoni di Sanremo. Lo so, fa ridere. Ma fa anche abbastanza paura».

È sempre stato così, è sempre valsa solo l’affiliazione al potere e ai partiti, o le cose negli anni sono peggiorate?
«È sempre stato così. Tutti i partiti, escluso quelli molto piccoli che non potevano permetterselo, hanno rivolto alla Rai lo sguardo del padrone. Ho scritto decine di Amache, negli anni, sull’ossessione dichiaratoria dei vari Gasparri e Anzaldi (ex Pd, ora renziano) a proposito della Rai. Credo che abbiano avuto da ridire anche sulle previsioni del tempo, impicciandosi di una materia – la televisione – della quale sanno quanto io so di astrofisica. Ma con la destra al potere c’è un problema in più, ed è un problema enorme. Ha un gigantesco complesso di inferiorità che la rende più insicura e dunque più aggressiva. Si fida solo dei suoi. Dunque alla Rai metterà i suoi, e farà credere che “gli altri”, tutti gli altri, lavoravano lì solo perché “di sinistra”. Come Amadeus, noto biografo di Rosa Luxemburg».

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