Elly Schlein, appello a 5S e Terzo Polo: “Creiamo alleanze forti per frenare la destra”

Carlo Bertini

ROMA. «Non sappiamo se vi sia stato l’effetto Schlein, di sicuro questa volta l’effetto Meloni non c’è stato», sentenzia Davide Baruffi, plenipotenziario del voto locale, emiliano come la segretaria, che seduta accanto a lui al terzo piano del Nazareno, sede del Pd, annuisce sorniona. Lui è convinto che «tutte le partite sono aperte, anche ad Ancona», Elly Schlein prepara il secondo tour delle città: la sua avversaria non la nomina, ma si capisce che una dinamica in stile “I duellanti” (dal celebre film di Ridley Scott) si è ormai innescata. E andrà avanti a lungo. «Ci rimettiamo subito in pista. In questi giri elettorali ho visto entusiasmo, speranza e passaparola», scuote il capo contenta.

Tailleur grigio perla, sorriso stampato sul volto per un primo turno di elezioni comunali «che ci lascia molto soddisfatti tanto da guardare con grande ottimismo ai ballottaggi», la leader dem allarga le mani quando vuole rendere l’idea di un campo di alleanze da ampliare. «Si possono trovare alleanze forti, alternative alla destra, a volte in modo più largo o meno, ma il Pd continuerà a lavorare nella maniera più unitaria possibile». La chiamata a Cinque stelle e moderati del Terzo polo è esplicita, quasi accorata, «confermo la piena disponibilità ad incrociarsi sui territori anche con gli altri leader». Sa che sarà impossibile riunirli tutti, «noi ci siamo, dovete chiedere a loro». Ecco: il problema è che “loro” nicchiano, anzi, qualcosa di più ostile si sente dire da Matteo Renzi, lesto nel consigliare la segretaria dem «a non fare questue dei voti grillini». Tanto per far capire che dove ci saranno i suoi nemici giurati, non sarà facile avere lui. «Il ballottaggio costringe a stare o di qua o di là», ricorda Baruffi. E a dare una lettura politica di questo voto è Sandro Ruotolo, responsabile cultura della segreteria: «Questo primo turno di elezioni comunali, così come le passate politiche, ci dice chiaramente che con questo sistema elettorale da soli si perde».

Elly per ora si compiace di aver già fatto meglio di Giorgia, se non altro per averla battuta sul campo, cioè a Brescia, dove la premier è arrivata in pompa magna con Salvini e mezzo governo. E per averla battuta nella sfida tra i due partiti. Il giorno dopo il primo turno, si tirano le somme: e se è vero che come certifica YouTrend, il Pd è primo partito in tutti i campanili più grandi – eccetto Latina, Teramo e Terni – e quindi da Ancona a Brescia a Brindisi, passando per Pisa, Siena, Sondrio e Vicenza, battendo FdI e Lega; è anche vero però che in molti casi nel 2018 andò meglio di oggi, nella stessa Ancona, così come a Brescia e Vicenza. Insomma, difficile dire se vi sia stato l’effetto Schlein sul Pd, di sicuro non c’è stato un «effetto Conte» sui Cinque stelle: che scontano numeri da brivido, ovunque sotto il 5 per cento, anche in contrade campane dove alle politiche sfioravano il 40. Dal Pd, i più sinceri fanno questa previsione: «Io – confessa un dirigente alla Camera – vedo due vittorie possibili a Siena e Massa, forse anche a Brindisi e addirittura a Vicenza, ma non a Pisa, dove il loro candidato ha dimostrato di avere un traino molto forte». La verità è che la paura di vincere a Pisa è grande quanto quella di perdere, poiché «se crollasse dove al primo turno per 15 voti non ha superato il 50 per cento, la destra eliminerebbe il ballottaggio per legge», prevedono i più avveduti.

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