Morire nel fango

Niccolò Zancan

Inviato a Lugo di Romagna. Così si muore. Distanti. Separati dalla furia di un’onda. Ma Marinella Maraldi e suo marito Sauro Manuzzi erano usciti fuori insieme. Volevano salvare i cani, mettere al riparo gli attrezzi della loro azienda agricola. Volevano lavorare, come ogni santo giorno della loro vita. Ronta di Cesena: una delle piane più floride d’Italia. Campagne con vista Adriatico. Loro coltivavano erbe officinali e fiori per pasticceria. Dalla cascina al capannone, passando per un ponte. Erano lì, in quel momento, quando è arrivata la piena del Savio. La furia dell’acqua ha atterrato il ponte. Il signor Manuzzi ha cercato di abbrancare la moglie, l’ha presa per le braccia per trattenerla. Ma l’acqua è stata più forte. L’hanno visto tornare verso casa controcorrente. Ha resistito per cento metri: «L’onda gli arrivava a mezzo busto». L’hanno visto raggiungere un prato in salita, dove si è accasciato ed è morto di crepacuore. Il cadavere di Marinella Maraldi, 70 anni, è stato trovato ieri mattina. Era a venti chilometri di distanza, sulla spiaggia di Zadina di Cesenatico. Perché così si muore. «Avete visto? Il Savio si è ripreso il suo corso originario».

Sembra una vendetta della natura. Ma è qualcos’altro. «La mia azienda agricola è andata completamente sotto. Basta!», urlava inferocito il signor Augusto Moreno in mezzo al fango. «È colpa dell’uomo!», urlava. C’era già stata un’alluvione nel 2021 in questa stessa zona. «E sapete cosa è successo? Che la Regione Emilia Romagna ha restituito, fra il 2021 e il 2022, la bellezza di 55,2 milioni di euro ricevuti dallo Stato per la manutenzione degli argini e la messa in sicurezza del territorio. E sapete perché quei soldi sono stati restituiti? Perché non sono riusciti a spenderli. Oh, non lo dico mica io! Lo dice la Corte dei Conti!».

Quell’uomo urla la sua rabbia dentro una specie di palude. «Adesso basta!». Intorno a lui, un gigantesco caos si è preso le strade, dividendo la regione in parti irraggiungibili. Di qua o di là dell’autostrada, di qua o di là dalla Via Emilia. Non si passa. Perché l’acqua scorre sul cemento: sono 21 i fiumi esondati in diversi punti. Tantissima acqua tutta insieme: 300 millilitri di pioggia. Dopo anni di siccità tremenda, in due giorni sono cadute le precipitazioni dell’intera primavera. Ma era il tempo di prima. Mentre questo è un tempo nuovo. È il tempo degli estremi: arsura e morte, tempeste d’acqua e morte. E quindi, si muore.

Si muore come è morto il signor Fabio Scheda, 43 anni, che a San Lazzaro di Savena cercava di svuotare il pozzo, per impedire che inondasse casa sua. È morto annegato lì dentro. Così come è morto il signor Riccardo Soldati, 77 anni, inghiottito da una frana nel suo giardino di casa a Casale di Casilese. L’acqua non lascia scampo. È qualcosa difficile da credere fino all’attimo prima. Ma si alza sempre un vento caldo, e poi arriva il rumore tremendo che precede la piena. Dentro un’auto allagata, fra Solarolo e Castel Bolognese, c’è un uomo annegato che deve ancora essere recuperato e identificato.

Così si muore. Recuperati dai sommozzatori nel pieno centro di una città di pianura. Come sono stati ritrovati i corpi di una coppia di anziani, marito e moglie, in via Padelli a Forlì. Scene incongrue. Prospettive difficili da mettere a fuoco. Le barche dei vigili del fuoco nel centro di Cesena. O ancora a Forlì: un’altra vittima. In via Firenze, il quartiere che costeggia il fiume Montone. «Mio marito!», urlava dal balcone una signora. Urlava e piangeva perché sapeva già tutto. Il marito era annegato, mentre lei è stata portata in salvo con un gommone.

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