Niente è più mite nel tempo dell’ambiente estremo

Paolo Giordano

Poiché questo è il momento in cui dovremmo restare in silenzio — e nel silenzio concentrarci sugli alluvionati, gli sfollati, le vittime —, questo è anche il momento in cui esprimersi. La nostra psiche collettiva è intrappolata ormai da anni in cicli di emergenza e disinteresse, sempre più drammatici e sempre più brevi, che alla fine lasciano per lo più le cose come sono. La disponibilità ad ammettere e discutere un problema si apre e si chiude come una valvola a scatto. Così rimangono solo le occasioni peggiori, le meno adeguate in assoluto, quando la commozione è al culmine e sarebbe meglio tacere, per ribadire ciò di cui per il resto del tempo dovremmo parlare.

Nel caso specifico, per ribadire il concetto centrale, il più ambiguo ma anche il più devastante della crisi climatica, nonché quello che continua a sfuggire ai più: crisi climatica significa l’aumento in intensità e in frequenza dei fenomeni estremi. Di un segno e di quello opposto: siccità e alluvioni, ondate di caldo e ondate di gelo. La parola chiave, quella su cui sventatamente non è stato concentrato lo sforzo comunicativo dall’inizio, è proprio «estremo». Siamo già entrati in un’epoca in cui il clima, in ogni sua manifestazione, è più estremo di come lo conoscevamo.

Anche la siccità dei mesi scorsi in pianura padana e le inondazioni delle ultime ore sono tutt’altro che slegate. Il «come» è reperibile nelle spiegazioni dei climatologi interpellati ovunque, che di certo accompagneranno anche questo articolo, ma bisogna cogliere l’attimo, leggerle oggi, perché scompariranno non appena la pioggia sarà cessata e l’acqua si ritirerà. Qui ci è sufficiente dire che chi vede in un fenomeno la negazione dell’altro — nell’eccedenza di piogge la negazione della siccità — si sta fermando allo stadio delle impressioni, del pensiero irragionevole, e rifiuta di accogliere ciò che quegli stessi climatologi ripetono non da ieri e nemmeno dalla scorsa primavera o dall’ultimo decennio: i fenomeni atmosferici estremi sono più estremi e più frequenti, e lo saranno sempre di più. Quella che viviamo è un’escalation ambientale.

Martedì mattina ero in treno. Mentre la situazione meteorologica si aggravava, ho colto uno scambio di battute fra i miei vicini. Uno di loro, il più giovane, si occupava di qualcosa legato alla sostenibilità e ha mostrato al signore che gli sedeva di fronte il telefono con le immagini che arrivavano dall’Emilia-Romagna. L’altro ha commentato in modo lapidario: almeno è piovuto, i fiumi hanno raggiunto il loro livello normale, finalmente ci lasceranno in pace «con la storia della siccità».

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