«Anche l’acqua ad uso potabile in Lombardia è contaminata dai Pfas»: l’indagine di Greenpeace Italia

Tuttavia, in termini assoluti, la provincia di Milano (dove si registra anche un numero più elevato di analisi effettuate) ha il triste primato del maggior numero di campioni in cui sono stati rilevati PFAS (ben 201), seguita dalle province di Brescia (149) e Bergamo (129). Particolari criticità emergono anche nei comuni di Crema (CR), Crespiatica (LO), Pontirolo Nuovo (BG), Rescaldina (MI) e nella zona di Cantù-Mariano Comense (CO). 

"Anche l'acqua ad uso potabile in Lombardia è contaminata dai Pfas": l'indagine di Greenpeace Italia
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IL CASO VENETO – Seppure allarmanti, le contaminazioni riscontrate in Lombardia sono quasi ovunque di gran lunga inferiori a quelle registrate in Veneto nel 2013, quando fu scoperta l’emergenza locale PFAS grazie a uno studio del CNR-IRSA. Indagini successive avrebbero accertato come principale responsabile della contaminazione l’azienda chimica Miteni di Trissino (VI) – nel frattempo fallita – che sin dagli anni Sessanta aveva prodotto questi composti chimici. In ambito giudiziario tredici tra i suoi manager sono stati nel frattempo imputati in un processo per avvelenamento delle acque e disastro innominato. Quello in Veneto è uno dei casi più gravi di contaminazione in Europa, con un’estensione di oltre 150 chilometri quadrati e il coinvolgimento di oltre 350mila persone. Nonostante la gravità della situazione, ancora oggi l’inquinamento continua a propagarsi dalla sede di Miteni, visto che non è stata mai realizzata una vera bonifica del sito contaminato.

LE RICHIESTE ALLA REGIONE E AL GOVERNO- Tuttavia, non si deve dimenticare che in accordo con le più recenti evidenze scientifiche, i PFAS sono considerate sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana a qualsiasi concentrazione, ma utilizzate dato che non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo in Italia. L’unico valore cautelativo è la loro completa assenza nell’acqua destinata al consumo umano, negli alimenti, nel suolo e nell’aria. Greenpeace Italia chiede alla Regione Lombardia di individuare tutte le fonti inquinanti, al fine di bloccare l’inquinamento all’origine e riconvertire le produzioni industriali che ancora utilizzano queste sostanze. «È necessario varare un piano di monitoraggio regionale sulla presenza di PFAS nelle acque potabili, rendendo disponibili alla collettività gli esiti delle analisi, e garantire il diritto della cittadinanza a disporre di acqua pulita e non contaminata», chiarisce Ungherese. La Regione deve, in particolare,  «mettere in sicurezza gli acquedotti avviando una serie di controlli capillari e promuovendo un piando di riconversione industriale. La migliore scelta è fare in modo che la contaminazione non peggiori, quindi vietare l’uso di queste sostanze per la maggior parte delle quali esistono alternative più sicure e di minore impatto ambientale», evidenzia. «Si tratta di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo. Governo, Parlamento e Ministeri competenti devono assumersi le proprie responsabilità varando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i PFAS, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili dell’inquinamento».

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