L’Italia hotspot del clima malato
Carlo Petrini
Ormai è innegabile: sulla nostra penisola la crisi climatica sta dando perfetta manifestazione di sé con eventi estremi molto spesso opposti (pensiamo alla siccità e alle alluvioni), che si manifestano in sequenza e con frequenza sempre più elevata, condizionando profondamente le nostre vite. Fino a pochi giorni quasi tutto il territorio nazionale era attanagliato dalla più lunga siccità degli ultimi due secoli; pensiamo che per quasi un anno e mezzo le precipitazioni potevano essere contate con il contagocce. Ora invece le energie, le preoccupazioni e anche l’attenzione mediatica sono catalizzate sulle precipitazioni a carattere alluvionale che stanno colpendo l’Emilia Romagna causando vittime e oltre diecimila sfollati. In 18 ore si sono riversati i millimetri di pioggia che in media cadono in un mese.
Questo ha provocato l’esondazione di tutti i fiumi, allagamenti nei paesi in pianura, isolamento di quelli collinari a causa delle frane di molte strade, i campi coltivati sono diventati veri e propri laghi e i frutteti che erano in una fase cruciale della maturazione dei loro prodotti sono stati severamente danneggiati. Sarebbe bello che questa situazione tremenda che sto descrivendo fosse un fenomeno sporadico e isolato, ma purtroppo così non è. Oggi è stata la volta dell’Emilia Romagna, nel novembre del 2022 era toccato a Ischia e solo due mesi prima alle Marche. E domani? Non è dato saperlo eppure sappiamo che succederà. L’Italia come il resto del bacino del Mediterraneo rientra infatti tra quelli che gli scienziati definiscono “hotspot dei cambiamenti climatici”, ossia aree del pianeta che subiscono gli effetti della crisi del clima con maggior intensità e con conseguente impatto sui sistemi naturali e umani. I dati forniti dall’Ispra nel 2021 danno conferma di ciò mostrando come il 94% dei Comuni italiani è a rischio frane e alluvioni. Mentre uno studio dell’Osservatorio del Legambiente ha rivelato che in soli dieci anni il numero annuale di allagamenti da piogge intense è passato da dieci nel 2012 a 150 nel 2022. Inondazioni, frane e alluvioni da un lato, e dall’altro uno stato di siccità che si sta cronicizzando e che acutizza gli effetti delle piogge rendendo il terreno impermeabile. Ecco allora che le piogge, non riuscendo a penetrare nel suolo, da un lato allagano le città e dall’altro non vanno ad alimentare le falde, mentre bisognerebbe fare di tutto fuorché impedire l’accumulo di riserve d’acqua (prima fra tutte le azioni recuperare gli invasi che non riescono più a svolgere il loro compito perché mal gestiti nel tempo). Come se tutto ciò non bastasse c’è un ulteriore fattore, questo di natura umana, che si aggiunge a questo quadro di tempesta perfetta. Sto parlando della cementificazione che fa sì che le strade si trasformino in veri e propri torrenti che trascinano appresso tutto quello che incontrano nel loro percorso. In un Paese quale l’Italia che è sull’orlo della crisi demografica ogni giorno del 2021 si sono cementificati una media di 19 ettari al giorno, con una velocità di due metri quadrati al secondo. Gli abitanti diminuiscono e gli edifici si moltiplicano.
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