Jet a Zelensky, c’è anche l’Italia

Per Meloni il G7 del debutto è stata anche e soprattutto l’occasione di portare l’agenda italiana all’attenzione del summit. Ha chiesto di far entrare l’Unione africana nel G20 e ha ottenuto un riferimento, nel documento di conclusione del summit, alla Tunisia e alle migrazioni nel Mediterraneo. La situazione nel Paese nordafricano è un tormento per l’Italia ed è stata al centro del tanto atteso incontro con Emmanuel Macron. Quarantacinque minuti per una tregua forzata. Alla fine, il faccia a faccia c’è stato in Giappone, come previsto, tra sorrisi e calorose strette di mano. Tanta diplomazia a favore di telecamera è servita a sommergere le incomprensioni di questi mesi e i ripetuti attacchi del governo e del partito del presidente francese, avvenuti sempre sui migranti. L’ultimo appena un giorno prima dell’inizio del vertice giapponese: il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, sempre lui, aveva ribadito quello che pensa dei «fallimenti» della destra italiana sulla gestione dei rifugiati. Macron ieri non si è scusato, o almeno non nella formula pretesa dal governo italiano. Per Meloni meglio guardare avanti, ai tanti interessi che accomunano Francia e Italia. La premier ha confermato che entro l’estate andrà a Parigi (e a Washington). Una visita che di fatto potrebbe segnare la ricucitura finale, anche se i venti delle elezioni europee del 2024 potrebbero spingere i due leader a colpirsi ulteriormente. Per il momento, Macron e Meloni dovranno convivere su quello che resta il dossier più ostico. Da mesi l’Italia sta cercando una soluzione per sbloccare i finanziamenti verso Tunisi e fermare il flusso incessante di migranti. A questo problema è stato dedicato un intero colloquio, a margine dei lavori del vertice, con la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, e con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, alle quali si sono aggiunti Macron e Biden. «Il rischio di un default finanziario è dietro l’angolo – aveva spiegato Meloni in mattinata ai colleghi – C’è una certa rigidità del Fmi di fronte al fatto che non si sono ottenute dal presidente Saied tutte le garanzie necessarie». Sono garanzie che gli americani pretendono su diritti e lotta alla corruzione. Secondo la premier un’alternativa all’attuale governo di Tunisi non si vede e si rischia il caos. Anche perché, come in molte altre parti dell’Africa, Russia e Cina sono pronte ad approfittarne. Sono loro gli attori che, dice la premier, «lavorano per la destabilizzazione». —

LA STAMPA

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