E nessuno parlò

di Massimo Gramellini

Se fosse vero, ma non può esserlo, ci sarebbe da uscirne pazzi. Il manager Gianni Mion ha dichiarato in tribunale che nel 2010, otto anni prima del crollo, si tenne una riunione con i massimi dirigenti del gruppo Autostrade, durante la quale i tecnici rivelarono l’esistenza di un difetto che metteva a repentaglio la stabilità del ponte di Genova. Nessuno dei presenti batté ciglio.

Nessuno tranne Mion, che volle sapere a chi spettasse certificarne la sicurezza. E quando gli fu risposto «ce la certifichiamo da soli», non aggiunse nulla per paura di perdere il posto. Se fosse vero, ma non può esserlo, toccherebbe aggrapparsi alla speranza che fosse lui, Mion, l’unico reprobo. E che tutti gli altri non avessero sentito niente, persi dentro gli smartphone o nei loro pensieri.

Perché la notizia che il ponte, il tuo ponte, rischia di spezzarsi come un grissino dovrebbe terrorizzare persino il più cinico degli amministratori, non foss’altro perché lì sopra potrebbe passarci anche l’auto dei tuoi figli. O la tua. Se fosse vero, e non ne hanno parlato prima del crollo, ci sarebbe già da uscirne pazzi. Ma, se fosse vero, come reggere alla scoperta che non ne hanno parlato neanche dopo?

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