Gli ospedali top e i peggiori: vi diciamo quali sono e perché. Ecco le pagelle mai rese note

I 9 ospedali al top

Ecco cosa dicono i risultati del primo report presentato a Roma ieri, 24 maggio 2023 (i dati sono disponibili sul portale realizzato sull’argomento da Agenas a questo link ). È stato preso in considerazione il 2021, anno in cui gli ospedali hanno dovuto fare ancora pesantemente i conti con il Covid (in grafica tutti i risultati anche del 2019 che, in assenza della pandemia, vedono performance più alte). Dei 53 ospedali esaminati, 12 hanno un livello di performance basso, 32 medio e solo 9 alto che sono: gli ospedali universitari Senese (Siena), Careggi (Firenze); Pisana (Pisa), Padova, Integrata Verona e Policlinico Sant’Orsola (Bologna); e gli ospedali S. Croce e Carle (Cuneo), Riuniti Marche Nord e Ordine Mauriziano (Torino).

I 12 ospedali da bollino rosso

Gli ospedali con le performance più basse sono: Cosenza, San Pio (Benevento), Sant’Anna e San Sebastiano (Caserta), Riuniti Villa Sofia Cervello (Palermo) Ospedali Civico Di Cristina Benfratelli (Palermo), Cannizzaro (Catania), San Giovanni Addolorata (Roma), San Camillo Forlanini (Roma); e gli universitari: Luigi Vanvitelli (Napoli), San Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona (Salerno), Mater Domini (Catanzaro) e Policlinico Umberto I (Roma).

Tempi di attesa di interventi per tumori

Questi i 10 ospedali con i più bassi tempi di attesa per gli interventi di tumore (qui il documento ufficiale): Senese, Padova, Pisana, Policlinico Umberto I Roma, Careggi, S. Croce e Carle, Integrata Verona, Policlinico Sant’Orsola, Riuniti Foggia, Sant’Andrea di Roma che però viene indicato di bassa qualità per l’intervento chirurgico al colon. E questi, invece, i 10 ospedali con i tempi di attesa per gli interventi di tumore più lunghi: SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo (Alessandria), San Luigi Gonzaga (Torino), Sant’Anna e San Sebastiano (Caserta), Ospedali Riuniti Bianchi Melacrino Morelli (Reggio Calabria), Policlinico Monserrato (Cagliari), Per l’Emergenza Cannizzaro (Catania), Azienda ospedaliera universitaria Sassari e infine: Giaccone (Palermo), Pugliese e Mater Domini (Catanzaro) dove l’attesa è lunga, ma poi i livelli di cura sono buoni.

I macchinari più o meno obsoleti

I 10 ospedali con apparecchiature meno obsolete risultano (qui il documento ufficiale): Policlinico San Martino (Genova), Riuniti (Foggia), Policlinico Sant’Orsola (Bologna), Maggiore della Carità (Novara), S. Croce e Carle (Cuneo), San Pio (Benevento), Sant’Andrea (Roma), Cardarelli e Monaldi Dei Colli (Napoli), San Giuseppe Moscati di (Avellino). Gli ultimi tre in Campania che, evidentemente, ha fatto investimenti per rinnovare i macchinari, anche se i tre ospedali hanno ancora livelli scarsi per la cura dei tumori. Gli ospedali, invece, con le apparecchiature più obsolete – e un macchinario vecchio è sempre meno preciso di uno nuovo –: Azienda ospedaliera universitaria di Cagliari, Riuniti Villa Sofia Cervello (Palermo), Papardo (Messina), Per l’Emergenza Cannizzaro (Catania), Azienda ospedaliera universitaria Sassari, Brotzu (Cagliari), Civico di Cristina Benfratelli (Palermo) e, sorprendentemente in questa lista ci sono anche tre ospedali quotati: Mater Domini (Catanzaro), Senese e Policlinico San Matteo di Pavia.

Durata del ricovero a parità di gravità

C’è poi un indicatore (che tecnicamente si chiama «Indice comparativo di Performance») che permette di valutare a parità di gravità del caso la durata del ricovero (qui il documento ufficiale): più è lungo più vuol dire che l’ospedale ha problemi organizzativi. I migliori: Riuniti Marche Nord, Careggi, Pisana, Pugliese, Maggiore della Carità. I peggiori: S. Giovanni Di Dio Ruggi D’Aragona (Salerno), San Luigi Gonzaga (Orbassano), Civico Di Cristina Benfratelli (Palermo), Cardarelli (Napoli), Umberto I (Roma).

Le responsabilità della politica

Con tutte le dovute eccezioni, questi risultati sono la prova della capacità organizzativa e di gestione delle risorse, o meno, in capo al direttore generale. Dai dati Agenas risulta, per esempio, che in media una sala operatoria di un ospedale fa solo 400 interventi l’anno, vuol dire poco più di uno al giorno: performance del genere in altre aziende non sarebbero mai accettate. I direttori generali come vengono scelti e da chi per gli ospedali pubblici? Dal 2012 le Regioni possono nominare esclusivamente direttori generali iscritti all’albo nazionale. Requisiti richiesti: laurea, comprovata esperienza dirigenziale di 5 anni nel settore sanitario o di 7 in altri, frequenza di un corso di formazione in materia di sanità pubblica e non aver compiuto i 65 anni di età. Poi ci sono anche le commissioni di esperti che valutano, ma alla fine chi dà le carte è il presidente della Regione in condivisione con il suo assessore alla Sanità. La scelta quindi è politica.

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