Burocrazia ed efficienza, uno Stato poco frugale
I sostenitori di nuove assunzioni affermano che i dipendenti pubblici, rispetto alla popolazione, in Italia, sono meno che in Francia. Ma non tengono conto dei molti enti ausiliari della pubblica amministrazione, che fanno parte di quell’arcipelago di associazioni, fondazioni, società, enti, autorità, che rimedia alle difficoltà di gestione pubblica e fa da corona allo Stato, con funzioni di supplenza.
Inoltre, è sbagliato cercare di rimpiazzare tutti quelli che escono dalle pubbliche amministrazioni, sia perché le dotazioni organiche sono spesso gonfiate e bisognerebbe invece partire dall’esame dei carichi di lavoro, sia perché digitalizzazione e auspicate semplificazioni dovrebbero richiedere meno personale, sia perché, limitando le assunzioni, si potrebbero assicurare risparmi per rimediare in parte ai danni prodotti dagli squilibri macroeconomici eccessivi uniti a un debito pubblico non in linea con il patto di stabilità e di crescita.
Infine, invece di assumere nuovo personale, si potrebbe retribuire meglio quello esistente, sia per tener conto dei settori peggio trattati, come quello della scuola, sia per rendere più attrattivo il servizio dello Stato a ingegneri, geologi, geometri, economisti, ragionieri, di cui gli uffici pubblici hanno bisogno, seguendo l’esempio del cancelliere tedesco che ha deciso di recente un aumento reale del cinque per cento medio delle retribuzioni del settore pubblico.
Non è un aumento del numero dei dipendenti pubblici l’obiettivo al quale puntare, ma piuttosto il miglioramento del servizio alla collettività e un migliore trattamento stipendiale per quelle categorie pubbliche che non hanno prospettive di carriera o per quelle qualifiche che trovano sul mercato condizioni migliori(l’area contrattuale delle elevate professionalità non basta a renderle attrattive).
Se si continua così è vano sperare di avere una amministrazione efficiente.
CORRIERE.IT
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