Pnrr, l’ipotesi di congelare «solo» 300-400 milioni sui 19 miliardi della terza rata
di Federico Fubini
Non si può dire che sul Piano nazionale di ripresa e resilienza regni una fiducia incondizionata nel rapporto fra Roma e Bruxelles.
Negli ultimi mesi nella Commissione europea è cresciuta l’insofferenza
perché dall’Italia sono arrivati ripetuti annunci sulla revisione dei
progetti, ma pochi dettagli. Intanto a Palazzo Chigi si è formata l’impressione che da Bruxelles si assumano atteggiamenti capziosi, fino
a bloccare l’erogazione da 19 miliardi di euro (richiesta già in
gennaio) accampando all’improvviso problemi burocratici mai sollevati
prima. Un fondo di irritazione e di sospetti, da entrambe le parti, rimane.
Ma
per la rata del Pnrr attesa ormai da mesi e per quella successiva — la
terza e la quarta del piano da 191,5 miliardi — si inizia a intravedere
un percorso. Per accelerare l’erogazione, sia a Bruxelles che a
Roma si stanno prendendo le misure di un nuovo strumento: le
«sospensioni di pagamento parziali». Nel caso della terza rata da 19
miliardi, questa clausola implicherebbe il versamento da Bruxelles di
quasi tutta la somma prevista ad eccezione di 300 o 400 milioni. Per la
quarta rata da 16 miliardi, legata a 27 obiettivi che l’Italia in teoria
dovrebbe raggiungere entro giugno, la quota di pagamenti congelati
potrebbe invece essere più alta.
La procedura legale
Sul piano legale, non si tratterebbe di una mossa arbitraria. A febbraio scorso la Commissione ha approvato una «comunicazione» (vincolante) che indica cosa fare se un Paese chiede l’erogazione di una rata del Recovery senza aver raggiunto tutti gli obiettivi di investimento e di riforme legati ad essa. Bruxelles può defalcare una somma calcolata in base al peso degli obiettivi che mancano; a quel punto il governo in questione ha un mese per contestare il congelamento dei fondi e poi, se la sua obiezione viene respinta, sei mesi per mettersi in linea. Nel caso che il ritardo rimanga però anche dopo sei mesi, la quota di pagamento già bloccata viene «sospesa in permanenza e dedotta». In sostanza, il Paese perde una parte dei soldi del Recovery. Questa procedura legale serve a mettere la Commissione Ue e i suoi funzionari al riparo delle contestazioni della Corte dei conti europea. Diversi governi in questi mesi stanno in realtà manifestando fastidio per il gran numero di controlli sui loro piani, proprio perché a Bruxelles si lavora sotto la spada di Damocle della magistratura contabile di Lussemburgo.
Un segnale politico
Ma quali che siano le procedure, non sfugge a nessuno a Bruxelles che la scelta di congelare una piccola quota dei fondi sarebbe letta in Italia come un segnale politico. L’erogazione della terza rata avverrebbe quasi per intero, in modo da non aprire una crisi sul Pnrr e da preservare la liquidità su cui il Tesoro a Roma conta molto. Ma la sospensione di 300 o 400 milioni lascerebbe capire che la Commissione si aspetta dall’Italia più collaborazione e più trasparenza — anche preliminare e informale — in vista di una revisione del Piano. Non basta infatti che il governo inserisca altri progetti motivandoli con i ritardi di quelli che usciranno dal Pnrr: l’Italia deve dimostrare anche che i nuovi piani sono più adatti dei vecchi ad accelerare la transizione verde, digitale o gli altri obiettivi del Piano.
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