Meloni e la sfida europea per la stanza dei bottoni. L’avviso ai suoi: non offriamo pretesti

di Francesco Verderami

Il piano con i conservatori e il rapporto solido con von der Leyen. Intanto, per le scelte sulla Rai e le tensioni con la Corte dei conti sul Pnrr, le opposizioni e i loro alleati a Strasburgo potrebbero accusare l’esecutivo di «deriva orbaniana»

Meloni e la sfida europea per la stanza dei bottoni. L’avviso ai suoi: non offriamo pretesti

Anche le vittorie sono medaglie a due facce. E i risultati elettorali, in Italia come in Spagna, contengono delle insidie che Giorgia Meloni intravede sulla strada che porta alle Europee. L’appuntamento potrebbe cambiare la geografica politica del Vecchio Continente. E se è vero che Popolari e Conservatori partono con i favori del pronostico, è altrettanto vero che fino al voto del 2024 le forze rivali faranno il possibile per contrastare questo disegno. Lo si scorge a Bruxelles, dove — racconta un ministro — «la tecnostruttura si aggrappa a cavilli senza fondamento per metterci il bastone fra le ruote sul Pnrr». E lo si nota dalla postura di certe cancellerie, a Parigi come a Madrid, dedite da tempo ad attaccare la premier italiana.

Perciò «poniamo sempre attenzione», ripete Meloni su ogni iniziativa di governo: «Non dobbiamo offrire pretesti». Al punto che il ruolo da frenatore assunto dal sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano sta creando tensioni anche in FdI. Ma la sfida europea sarà un passaggio strategico per la premier. E il fatto che finora non abbia commesso falli di reazione «è una cattiva notizia per i suoi avversari a Bruxelles», spiegano fonti diplomatiche. Anche se c’è chi scorge un possibile nuovo fronte polemico: tenendo insieme le scelte sulla Rai e le tensioni con la Corte dei conti sul Pnrr, le opposizioni e i loro alleati a Strasburgo potrebbero accusare l’esecutivo di «deriva orbaniana».

Si vedrà. Di certo c’è che Meloni vanta oggi una posizione dominante in Italia anche sugli alleati. Su Matteo Salvini, per esempio, che dovrà fare una «scelta di campo» in vista delle Europee. La premier è pronta ad accoglierlo nell’Ecr, se solo lo chiedesse: ma visti gli attuali rapporti di forza con FdI, il capo del Carroccio ufficializzerebbe il ruolo di junior partner di Meloni. L’altra opzione è aprirsi un (difficile) passaggio verso il Ppe, soluzione caldeggiata dai governatori regionali e da Giancarlo Giorgetti. È in questa chiave che il segretario della Lega ha discusso l’altra sera con Silvio Berlusconi di una lista comune alle Europee, che gli offrirebbe una scorciatoia e al contempo equilibrerebbe un po’ i valori con Meloni: ma nei due partiti cova un’ostilità al disegno che rende impraticabile il piano.

C’è poi il problema del centro. Che è un problema italiano ma anche, anzi soprattutto, del Ppe. I popolari europei si trovano di fatto nelle stesse condizioni del 1994, quando la fine del Ppi indusse Helmut Kohl ad accettare l’ingresso di Forza Italia nel «salotto buono» di Strasburgo. Il punto è che oggi non c’è un altro Berlusconi. Non fosse altro perché Meloni non intende cedere al corteggiamento discreto del capo dei popolari Manfred Weber. Semmai se ne riparlerà dopo le Europee. Così al momento sul centro insistono due progetti. Uno è legato a Letizia Moratti, l’altro a Maurizio Lupi. La prima vanta il sostegno dietro le quinte di Matteo Renzi. Il secondo chiede al Cavaliere di costruire insieme ad altre liste una «sezione italiana del Ppe» per andare al voto con un nuovo simbolo. Entrambi — consapevoli che alle elezioni bisognerà superare la tagliola del 4% per entrare nell’Europarlamento — attendono di capire le intenzioni di Berlusconi, che non sembra però voler aprire quanto resta della sua cassaforte elettorale. Infatti risponde a tutti: «Venite con me». E c’è chi mette persino nel conto che l’ex premier possa candidarsi per trainare con i suoi consensi la lista di Forza Italia.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.