Romano Prodi: “Il governo ora punta a prendersi tutto, questo è autoritarismo”
Fabio Martini
Romano Prodi è meno levigato del solito, sceglie parole severe, forse mai così secche negli ultimi 10 anni: «In questi giorni sono emersi due segnali nuovi che non si debbono sottovalutare. Nessuno ha ragionato su un sistema informativo che dopo decenni di duopolio si sta trasformando in un monopolio della destra. E al tempo stesso sta emergendo la tentazione di escludere il presidente Stefano Bonaccini dalla ricostruzione in Emilia-Romagna. Ma così siamo davanti ad un governo che punta a prendersi tutto. C’è una parola semplice che riassume tutto questo: autoritarismo. Così si sta cambiando la natura del Paese».
Con i suoi standard di crescita l’Italia se
la cava meglio degli altri grandi Paesi europei, ma istituzioni tra
loro diverse (Commissione europea, Fondo monetario, Banca d’Italia)
tengono alta la vigilanza. Siamo dentro una bolla? O sarebbe il momento
giusto per mettere a reddito i discreti segnali con una politica
economica degna di questo nome?
«Certo che se la cava, ma
stiamo attenti a non esagerare. Abbiamo un rimbalzo un po’ più forte da
una caduta molto più violenta e la palla è rimbalzata un po’ più in
alto. Tuttavia gli ultimissimi dati, riferiti all’export, non sono
consolanti. Nei riguardi dell’analisi della nostra economia c’è infatti
una certa fragilità da parte dei commentatori italiani, professori e
politici compresi, che esaltano sempre il presente senza guardare al
lungo periodo».
Sui dossier fondamentali – nuovo patto
di Stabilità, difesa dell’Ucraina – il governo si attiene alla
“dottrina” precedente. Sul Pnrr vacilla, sul Mes tiene a bordo tavolo la
ratifica: un’arma utile, o può esplodere in mano?
«Il
governo ha impostato le cose in modo da minimizzare il rischio,
affidando gli Esteri al più americano della coalizione e l’Economia al
più bruxellese. Su questo non aveva alternative. Su tutto il resto i
partiti della coalizione si stanno dividendo il bottino, litigando tra
loro. Questo contrasto emerge anche riguardo al Mes. D’altra parte
quando non si vuole un provvedimento, che nel peggiore dei casi è a
danno zero, significa che lo si vuol tenere come un’arma contrattuale.
In questo caso non mi sembra un’arma efficace, ma un corpo urticante,
capace solo di irritare. Quanto al Pnrr era nato per aumentare la pigra
produttività del Paese, grazie a un mix di grandi riforme e grandi
investimenti. Le riforme non ci sono e gli investimenti, bene che vada,
si stanno spargendo in rivoli inadatti ad aumentare la produttività».
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