Romano Prodi: “Il governo ora punta a prendersi tutto, questo è autoritarismo”
Commissario alla ricostruzione in Emilia: siamo a Guelfi e Ghibellini…
«Vicenda
incomprensibile che rischia di concludersi con un enorme autogol per il
centrodestra. In una tragedia come questa, chi altro può fare il
Commissario se non un presidente di Regione che gode di una incontestata
fiducia? Che ha rapporti diretti con i sindaci, con i prefetti, che
conosce tutti i tecnici e a cui risponde la catena burocratica
regionale. Bonaccini ha inoltre già dato prova di saper gestire la
ricostruzione dopo il terremoto: uno dei pochi casi nei quali nessuno ha
avuto nulla da ridire».
Telenovela Rai: la lottizzazione è nel Dna aziendale?
«Ho
convissuto benissimo con diversi presidenti della Rai, ognuno con le
sue caratteristiche e i suoi caratteri perché ho sempre pensato che i
presidenti debbano godere della loro autonomia. Ora siamo di fronte ad
un cambiamento radicale. Si tratta dell’azzeramento totale e
dell’innesto solo di persone di stretta fiducia. Non è la sola novità.
In passato, anche con governi di centro-sinistra, vi era grande
equilibrio nei telegiornali. Mentre nel commento politico comandava il
“Vespone”. L’Osservatorio di Pavia ci dice che nei tg lo spazio dedicato
al governo è 4 volte superiore a quello dell’opposizione. Il grande
cambiamento è il mercato, diverso da allora: Rai e Mediaset avevano
ciascuno una quota superiore al 45% del mercato, quindi prevaleva anche
allora la destra, ma in modo non totalitario. Oggi, sommando Rai e
Mediaset, stiamo marciando verso un’assoluta omogeneità
dell’informazione televisiva. Già allora vi era un duopolio zoppo, oggi
vi è un monopolio assoluto. Il pluralismo, se ci sarà, non potrà che
essere confinato su reti con minore ascolto. Certo ci sono i nuovi
media, ma il messaggio che più influisce sull’elettorato è quello
televisivo»
La vittoria della destra alle Comunali si spiega solo con l’aria che tira?
«C’è
un sentimento che sta guidando le opinioni pubbliche in tutto il mondo.
La paura. Per la guerra. Per i migranti. La destra ha sempre saputo
governare bene e meglio di altri, questi sentimenti. Una paura che
finisce per coinvolgere anche temi più condivisi, come l’ambiente».
Dopo 100 giorni era naturale aspettarsi un effetto-Schlein: c’è stato ma al contrario?
«Il
cattivo risultato, in queste pur limitate elezioni, è un segnale
allarmante che oltretutto spingerà la destra ad aumentare la “presa” sul
Paese”».
Il capo dello Stato ha usato parole severe,
alludendo alle contestazioni al Salone del libro contro la ministra
Roccella e in quella occasione Schlein aveva definito autoritaria la
protesta del governo; non pensa che il settarismo sia il pericolo più
serio del nuovo corso Pd?
«È stato un autogol.
Istintivamente si può pensare che quelli erano dei “ragazzotti”, ma
questo non giustifica nulla. Si doveva dire che una contestazione di
quel tipo è inammissibile. Poi, semmai, ti occupi dei ragazzi».
Da dove si riparte?
«Verona e Vicenza ce lo insegnano: ci deve essere un rinnovamento nella cultura di governo che vale a livello locale come a livello nazionale. Un’idea di comunità, di attenzione ai quartieri, alle aggregazioni. Un riformismo che non si limiti a presentare dei Ddl in Parlamento, ma che mobiliti il Paese su cose concrete: salario minimo, disparità, casa, salute, scuola, pannelli fotovoltaici sui tetti e non sui campi, nuova attenzione al territorio. Un nuovo riformismo dovrebbe essere persino facile quando un primo ministro arriva a dire che pagare le tasse è come pagare il pizzo. Quando ho sentito questa frase ho capito che è un programma facilmente contrastabile con una minima intelligenza politica»
LA STAMPA
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