Quel nonno di Kiev piegato sulla nipote dilaniata a 9 anni
Un credente direbbe che bisogna trovare la parola e la speranza che diano alla morte un senso e consentano di non ribellarsi veramente ad essa come di fronte a un fatto crudele e totalmente insensato. E forse così potremmo chiamare questa una buona morte, “sora nostra morte corporale’’. Tratteniamo il respiro, tendiamo l’orecchio. Si vorrebbe esser santi un minuto solo. Di fronte a questa morte, a queste morti è possibile? Per quanto breve tempo questa bambina Ucraina ha respirato la dolcezza di essere, la sensazione insostenibile improvvisa evanescente deliziosa di esistere. Ci mancano i termini per definire tutto questo. le lingue sono nate insieme con l’ordine delle cose. Abbiamo parole per esprimere anche il disordine che c’è dietro questa morte. Sì: crimine, delitto, omicidio ma c’è chi dirà con ipocrita benignità: errore, fatalità, inevitabilità della guerra. Ognuna di esse è troppo poco.
Il silenzio di dio in questa strada di Kiev è liscio e compatto, sembra essere l’essere stesso del mondo. Forse bisognerebbe aggiungere che di fronte a questa immagine l’umanità scopre di esser mortale. Prima di immagini come questa il vuoto della morte dei singoli poteva esser riempito da altre parole, la Storia, il diritto, la potenza, la necessità, la vittoria. La guardi e dici: adesso non più. la coscienza di ognuno ne ha la sensazione oscura. L’umanità è diventata eguale all’uomo mortale.
Per dichiarare guerra alla guerra, per fissare implacabili il suo essere crimine assoluto e totalmente odioso basta questa foto: la guerra è dove tutto è capovolto e chi ha lanciato il missile diventa eroe e non assassino, i bambini muoiono e i vecchi restano vivi, a soffrire.
LA STAMPA
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