Imu, entro il 16 giugno si paga l’acconto: ecco chi deve farlo e chi no, i calcoli e le novità
Come effettuare il versamento
L’Imu non è dovuta sull’abitazione principale e relative pertinenze (una per categoria catastale).Il tributo colpisce, quindi, gli immobili abitativi a disposizione, come le seconde case e quelli affittati o sfitti.Si paga anche sugli immobili dati in uso gratuito, salvo la riduzione al 50% tra genitori e figli (vedi box sotto). Si paga anche sulle pertinenze non della prima casa o comunque non agevolabili come il secondo box. L’Imu si versa anche per uffici, negozi, depositi, capannoni, altri immobili commerciali e industriali e per le aree fabbricabili (conta il valore commerciale al 1° gennaio 2023) da chiunque posseduti. L’Imu colpisce anche i terreni agricoli, anche se incolti, inclusi gli orticelli. Sono esclusi i terreni, da chiunque posseduti, se ubicati nei Comuni classificati come montani o di collina in base alla circolare ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993. Esenti anche i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, ubicati in qualsiasi altro Comune. Il versamento si effettua con il modello F24 o tramite bollettino postale. É preferibile l’uso dell’ F24 per compensare l’Imu con eventuali crediti fiscali o contributivi. Inoltre, con un unico modello, si può versare l’imposta dovuta in più Comuni. Nella sezione «Imu e altri tributi locali» vanno indicati: codice catastale del Comune, numero di immobili per cui si esegue il versamento, anno di imposta (2023) e importo da versare raggruppato in funzione del codice tributo per singola tipologia di immobile (vedi grafico). Occorre barrare la casella «acconto». Nel campo rateazione non si indica nulla. Il pagamento si effettua con arrotondamento all’euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi, o per eccesso se superiore.
Esenzioni: l’abitazione principale è salva, a patto che non sia di lusso
L’Imu non è dovuta sull’abitazione principale e relative pertinenze. Per abitazione principale si intende un’unica unità immobiliare ad uso abitativo classificata nel gruppo catastale A (esclusi gli uffici A/10), nella quale il contribuente dimora abitualmente e risiede anagraficamente (qui, tutte le informazioni utili per fare bene i calcoli). Le due circostanze devono coesistere. La dimora effettiva può essere provata con le bollette delle utenze (acqua, elettricità, gas). Per effetto della sentenza della Corte costituzionale 209 del 13 ottobre 2022, non è più richiesto come requisito per l’esenzione che anche i componenti del nucleo familiare abbiano dimora e residenza anagrafica nell’abitazione (come ad esempio se uno dei coniugi si è trasferito in altra città per motivi di lavoro). Si veda l’articolo nella pagina a fianco. L’esenzione vale anche per le pertinenze dell’abitazione principale, ma solo nei limiti di una per ciascuna categoria, C/2 (cantina, soffitta o locale di sgombero), C/6 (box o posto auto), C/7 (tettoia).Se il contribuente utilizza come abitazione principale due appartamenti adiacenti ma accatastati separatamente dovrà scegliere a quale dei due applicare l’esenzione per l’abitazione principale. L’Imu rimane comunque dovuta sulle abitazioni principali di maggior pregio, ossia accatastate con categoria A/1 (immobili signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi).
Le regole in caso di separazione e per gli anziani in casa di cura
Oltre che per l’abitazione principale l’esenzione dall’Imposta municipale sugli immobili è prevista per legge anche per:
1) l’abitazione familiare
assegnata al genitore affidatario dei figli — anche se non proprietario
— con provvedimento del giudice in relazione a separazione, divorzio o
anche in assenza di rapporto coniugale;
2) le unità immobiliari di
proprietà delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad
abitazione principale dei soci assegnatari o destinate a studenti che
siano soci assegnatari, a prescindere dalla residenza. Gli alloggi
regolarmente assegnati dagli Iacp e i fabbricati destinati agli alloggi
sociali (housing sociale);
3) l’abitazione (non locata) degli
appartenenti a Forze armate, Polizia, Vigili del fuoco o alla carriera
prefettizia, anche se risiedono altrove.
I comuni possono esentare da Imu l’immobile
posseduto a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili
che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a
seguito di ricovero permanente, a condizione che lo stesso non risulti
locato. Per il 2023 si applica la riduzione al 50% per l’Imu
sull’abitazione posseduta dai cittadini italiani non residenti nello
Stato, se titolari di pensione estera in regime di convenzione
internazionale con l’Italia, a condizione che la casa non sia locata o data in comodato d’uso.
Comodato d’uso gratuito tra padri e figli: si paga la metà
Immobili in comodato? Gli sconti ci sono, ma il Fisco mantiene la linea rigida.
Anche quest’anno si può beneficiare della riduzione del 50% dell’Imu
per l’immobile dato in comodato esclusivamente tra genitori e figli.
Lo sconto non è previsto per altri legami di parentela. La riduzione
del 50% della base imponibile si applica per l’immobile dato in uso
gratuito ad un parente in linea retta di primo grado, ossia tra genitore
e figlio o viceversa, solo alle seguenti condizioni:
1) il comodante
deve risiedere anagraficamente e dimorare abitualmente nello stesso
Comune in cui si trova la casa concessa in comodato (che non deve essere
A1, A8 o A9);
2) il comodatario deve adibire l’immobile ad
abitazione principale, stabilendovi sia la residenza anagrafica, sia la
dimora abituale;
3) oltre all’immobile dato in comodato, il comodante
può possedere un solo altro immobile abitativo nello stesso Comune,
adibito a propria abitazione principale;
4) il comodante non deve
possedere, oltre a quello dato in comodato e alla propria abitazione
principale, nessun altro immobile abitativo in Italia (non rilevano gli
immobili non abitativi);
5) il contratto di comodato deve essere
registrato (per la registrazione si deve pagare l’imposta di registro di
200 euro), infrazione sanabile con ravvedimento operoso.
Come si arriva al conto finale, tra rendita, moltiplicatori e aliquote
Il meccanismo di calcolo è uguale a quello dello scorso anno, ma riepiloghiamo le regole del gioco. Si parte dalla rendita catastale attribuita all’immobile al 1° gennaio dell’anno che, come in passato, va rivalutata del 5%. La rendita si trova nel rogito o in una visura catastale recente. Oppure nel quadro RB di Redditi PF o nel quadro B del 730. La rendita rivalutata va moltiplicata per un coefficiente a seconda della tipologia dell’immobile, invariato rispetto al 2022 (vedi grafico). Per le abitazioni ancora soggette e relative pertinenze il coefficiente è 160; per gli uffici è 80 e per i negozi 55. Alla base imponibile così ottenuta si applicano le aliquote deliberate dal comune per il 2022, com possibile conguaglio a dicembre, se saranno variate. Base imponibile dimezzata per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, per il periodo dell’anno in cui sussistono tali condizioni, da accertare da un tecnico comunale. Dimezzata la base di calcolo anche per i fabbricati di interesse storico e artistico. Per gli immobili affittati a «canone concordato» nei Comuni ad alta tensione abitativa (i capoluoghi di provincia e tutti i Comuni con più di 10.000 abitanti) si applica la riduzione del 25% dell’imposta e quindi si paga il 75% dell’Imu. Per i terreni, nei Comuni in cui sono ancora soggetti a Imu, si considera il reddito dominicale rivalutato del 25% e moltiplicato per 135.
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