Sostituzione etnica: che cos’è e chi l’ha fatta davvero
di Milena Gabanelli e Giuseppe Sarcina
La «sostituzione etnica» è l’incubo che turba il sottobosco razzista e xenofobo dell’Occidente: i bianchi sono destinati a diventare una minoranza, minacciata, nei loro stessi Paesi, da orde di immigrati. L’ultimo in ordine di tempo a rilanciare lo spettro è stato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida il 18 aprile scorso. Parlando all’assemblea della Cisal (Confederazione sindacati autonomi dei lavoratori) Lollobrigida ha detto: «Dobbiamo pensare anche all’Italia di dopodomani. Vanno incentivate le nascite. Non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica». Pochi giorni dopo il ministro ha spiegato di essere stato frainteso e di non conoscere le teorie del complotto che da anni fioriscono negli ambienti dell’estrema destra. A dire il vero ne parla anche il sito della presidenza del Consiglio, richiamando il cosiddetto «piano Kalergi». Vale la pena riportare integralmente il testo: «La teoria del complotto del piano Kalergi è la credenza secondo la quale esiste un piano d’incentivazione dell’immigrazione africana e asiatica verso l’Europa al fine di rimpiazzarne le popolazioni. Prende il nome dal filosofo austriaco Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894-1972), cui viene attribuita la paternità di tale piano; la teoria trova credito soprattutto in ambienti di estrema destra (nazionalisti, sovranisti e separatisti)».
«Il piano Kalergi» è una manipolazione
In realtà Kalergi predicava la necessità di allargare l’identità dei singoli Stati per dar vita ad una comunità europea. Ma non fece mai alcun riferimento al pericolo che le «nazioni dei bianchi» potessero essere «inquinate» dai migranti. Il suo pensiero fu travisato fra gli anni 90 e 2000 in particolare da Gerd Honsik, autore neonazista austriaco che nel 2009 fu condannato a cinque anni di reclusione per aver negato l’Olocausto. Nel suo libro, «Addio Europa», attribuì a Kalergi l’idea che l’uomo di città, cosmopolita e frutto della mescolanza delle etnie, fosse più propenso all’unione fra i diversi Stati e quindi da preferire all’abitante delle campagne, dal sangue più puro, ma meno disponibile all’integrazione. Da questa manipolazione è nato il famigerato «piano Kalergi».
I sostenitori del complotto contro i bianchi
In passato anche Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno usato spesso l’espressione «sostituzione etnica». Nel 2011 lo scrittore francese Renaud Camus ha rilanciato il teorema nel suo libro «Le Grand Remplacement», affascinando il fondatore del Front National, Jean-Marie Le Pen. La figlia Marine, invece ritiene che la massiccia immigrazione non sia alimentata da un complotto, ma, più pragmaticamente, dalle imprese europee che cercano manodopera a basso costo. Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen, ha lasciato il Front National, adottando in pieno le tesi di Camus, così come il suo nuovo leader, Éric Zemmour, candidato per il partito di estrema destra «Reconquete» alle presidenziali del 2022. L’idea «dell’uomo bianco minacciato da orde di stranieri» viene evocata in Olanda dal «Partito per la libertà», guidato da Geert Wilders; in Austria troviamo Herbert Kickl, a capo dell’FPÖ, autore dello slogan: «Il sangue deve essere viennese, quello straniero non va bene per nessuno». In Europa oggi il più convinto e rumoroso sostenitore della «sostituzione etnica» è il presidente dell’Ungheria Viktor Orbán. Ma l’ondata più massiccia di intolleranza xenofoba è partita dall’altra parte dell’Atlantico nel 2014, ed ha accompagnato l’ascesa di Donald Trump.
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