Meloni, migranti, Europa: il risiko Tunisia e il prezzo da pagare per fermare gli sbarchi

Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani ritengono che la pressione a cui è sottoposta la Tunisia da parte dei paesi europei abbiano il solo scopo di trasformare il paese in una zona cuscinetto che garantisca la sicurezza e il blocco delle partenze e dunque degli sbarchi, inasprendo un approccio repressivo che probabilmente riduce il fenomeno nel breve periodo, e andiamo incontro all’estate dunque il periodo di maggiori sbarchi, ma continua a non risolvere il fenomeno che ha bisogno di un approccio più largo che coinvolga non gli apparati di sicurezza ma un piano di lungo termine di sviluppo dei paesi coinvolti e soprattutto una strategia di tutela e rispetto dei diritti umani, che dovrebbe essere la precondizione degli accordi, non un tema laterale degli incontri bilaterali. «La Tunisia è la guardia costiera d’Europa ma l’UE continua a non avere una vera strategia per gestire il flusso migratorio internazionale» continua Ben Amor.

Kais Saied ora è di fronte a un dilemma: gestire le aspettative accettando riforme dolorose o rischiare un ulteriore declino economico e ulteriore instabilità. Perché non sono solo i migranti subsahariani vittime di razzismo a scegliere di imbarcarsi e attraversare il Mediterraneo, sono sempre più i tunisini che decidono di lasciare il paese.

«Sono oltre tre milioni i tunisini che si trovano ad affrontare la minaccia di insicurezza alimentare», queste le parole pronunciate il 27 maggio dal presidente del Centro tunisino per gli studi sulla sicurezza globale Ezzedine Zayani che ha parlato di notevole rischio di emergenza alimentare per la Tunisia. Cifre allarmanti in un paese di poco più di 11 milioni di abitanti e che fotografano una crisi economica in costante peggioramento che secondo gli analisti rischia di portare la Tunisia sull’orlo del default, come il Libano che vive analoghe emergenze. Anche di fronte a questi dati e a questi allarmi, Kais Saied ha risposto inasprendo i toni e additando colpevoli nella platea dei suoi oppositori politici. La settimana scorsa in visita al Ministero dell’Agricoltura, il presidente ha attaccato alcuni «noti partiti» accusandoli di aver provocato la mancanza di pane nel paese. La situazione in alcune aree della Tunisia è particolarmente tesa, gli scaffali dei supermercati si stanno svuotando perché l’aumento dei prezzi e l’inflazione hanno ridotto la quantità di cibo sovvenzionato dallo Stato. Cresce il numero di chi non può permettersi alimenti di base, sempre più costosi perché è precipitato il potere d’acquisto soprattutto delle fasce più vulnerabili della popolazione. Saied lo sa e come nei mesi e negli anni appena passati cerca il capro espiatorio non avendo soluzioni rapide ed efficaci. Rivolgendosi ai funzionari del ministero, perciò, non ha portato un piano ma colpevoli. Ha accusato «circoli e lobby di alimentare la crisi» e gli stessi funzionari di servire i loro interessi di parte per causare crisi e ottenere un tornaconto politico. «Vogliono infiammare la situazione ma noi porremo finire a tutto questo», frasi che evocano una nuova ondata di arresti e repressione.

LA STAMPA

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