Calenda: «Sul Pnrr il punto è la politica: non sa spendere né gestire. Certe verifiche paralizzano, il governo ha fatto bene»

di Maria Teresa Meli

Il leader di Azione: «Salario minimo, forse collaborerò con Schlein»

Calenda: «Sul Pnrr il punto è la politica: non sa spendere né gestire. Certe verifiche paralizzano, il governo ha fatto bene»

Carlo Calenda, lei non crede, come il Partito democratico, che la decisione del governo di sottrarsi al controllo della Corte dei conti sul Pnrr riveli la propensione a una «svolta autoritaria» di questa maggioranza? C’è anche chi ha tirato in ballo il fascismo…
«Macché, si tratta di un controllo ridondante rispetto alla Ue. Quello di costruire controlli su controlli per poi ottenere la paralisi della pubblica amministrazione è uno dei tanti mali italiani. Il governo ha fatto bene. E in tal senso si sono espressi anche autorevoli amministrativisti. Il punto del Pnrr non è questo».

E qual è allora?
«Il punto è che noi non riusciamo a spendere i soldi perché in questo Paese i politici non sono in grado di far accadere le cose perché non hanno esperienza di gestione. È un problema trasversale. Con il Pnrr questo aspetto si evidenzia in modo clamoroso. Sono bravissimi a fare le leggi e a regalare bonus, per il resto, dalla sanità all’immigrazione e all’istruzione, niente di strutturale cambia mai. E gli italiani si ritrovano a dover spendere 40 miliardi di euro l’anno per curarsi mentre solo l’uno per cento dei fondi del Pnrr è stato speso per la sanità».

Possibile che le opposizioni non riescano ancora a trovare un terreno d’azione comune?
«Io ho mandato il nostro piano per l’azzeramento delle liste d’attesa nella sanità e quello per una retribuzione minima contrattuale a Schlein e al governo. Forse, dico forse, e con grande ritardo, sulla retribuzione minima riusciremo a fare qualcosa insieme. Ma il problema è che Schlein ha tre proposte sul salario minimo che riflettono le diverse anime del partito. O il Pd prende consapevolezza del fatto che al suo interno ci sono anime che la pensano diversamente su tutto, compresa l’Ucraina, oppure chiunque sia il segretario non potrà che comunicare il nulla».

Cosa dovrebbe fare secondo lei il Partito democratico?
«Io credo sia ora che il Pd esca dalla terra di nessuno, perché così non marca il governo, anzi, ogni polemica stupida sul saluto romano alla parata del 2 giugno, sulla Corte dei conti come baluardo della democrazia contro il fascismo, rappresenta la garanzia per la Meloni di una vita politica lunga e prosperosa. È arrivato il momento di dare una nuova identità all’area liberal-democratica facendo un’opposizione di merito e noi saremo molto felici se qualcuno dal Pd deciderà che è il tempo di fare questo tipo di opposizione in collaborazione o venendo a costruire con noi un partito liberal-democratico capace di prendere posizioni nette».

E nel frattempo?
«Io posso solo continuare a mandare i nostri contributi all’opposizione e alla maggioranza. Lo farò anche con la proposta che lanceremo giovedì per la limitazione e il divieto dell’uso dei social ai ragazzi sotto i 13 anni e la necessità del consenso dei genitori per quelli dai 13 ai 15. È una legge che è stata approvata in Francia e su cui l’opposizione dovrebbe battere un colpo. I preadolescenti sono devastati dai social e le famiglie sono lasciate sole. Con il risultato che aumentano a dismisura le patologie dei giovani».

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