Enrico Mentana su Berlusconi: “Oggi finisce la Seconda Repubblica, destra e sinistra non hanno più scuse”


E l’elettorato?
«Le ultime elezioni hanno dimostrato che in quell’area i voti si spostano da una parte all’altra senza troppi formalismi. Trent’anni fa quando è nata l’alleanza tra Berlusconi, Bossi, Fini, Casini, Mastella, è stata descritta come un traballante patto di potere. Ma a governare il Paese oggi sono i figli politici di quella stessa alleanza. Più forti della macchina da guerra di Achille Occhetto, che invece è venuta meno».
Lo sdoganamento della destra è stato un merito di Berlusconi o una sua colpa?
«Un demerito della sinistra, che ha smesso di elaborare. Ma adesso, venuto meno il chiodo cui era appesa la Seconda Repubblica, serve un nuovo asse di equilibrio. Sarà Giorgia Meloni? Sarà l’anti-melonismo? Abbiamo già visto che il neo-antifascismo militante non è vincente. Serve identitariamente per essere diversi, ma non porta nulla di più. Bisogna mettere le mani nell’acqua bollente».
Qual è il suo primo ricordo di Silvio Berlusconi?
«1991. Mi volle incontrare per offrirmi di creare il Tg5. Dissi subito sì».
Lasciò la Rai di allora senza esitazioni?
«A 36 anni avevo diretto il Tg1, ma nel giro di lottizzazione non servivo più. Ero vice al Tg2. Andavo in redazione a prendere i giornali. Era passata la legge Mammì e a lui serviva un telegiornale. Non so perché scelse me, forse aveva fatto dei sondaggi».
E lei si fidò subito.
«Non c’erano ragioni per non farlo».
Fu un successo, ma ci furono anche frizioni.
«Quando fece l’endorsementper Gianfranco Fini a Roma, era il 1993 io feci un editoriale dicendo che doveva essere chiaro che andavamo avanti per la nostra strada, senza farci condizionare».
Poi gli consigliò di non candidarsi.
«Io, Giorgio Gori che era direttore di Canale 5, Gianni Letta, Confalonieri. Tutti gli abbiamo chiesto: che senso ha la discesa in politica?».
Ne aveva?
«Dal suo punto di vista, per quello che ha fatto, ha cambiato la sua vita e anche quella di chi l’ha seguito. Vista l’avventura che ne è seguita, culminata con i funerali di Stato e il lutto nazionale, non mi pare un fallimento. Nel bene e nel male. Perché c’è tanto bene e tanto male. Il primo lo negano i detrattori, il secondo lo negano i suoi».
Divisivo, appunto.
«Adesso sono orfani allo stesso modo i berlusconiani e gli antiberlusconiani».
Lei a un certo punto da quel Tg che aveva fondato andò via.
«Ho continuato a farlo come mi pareva, ma ovviamente a un certo punto la spinta politica a cambiarlo fu preponderante. Confalonieri disse: devo mettere uno dei nostri. E arrivò Carlo Rossella. Io dissi benissimo, dopo 12 anni resto qui e provo a fare un’altra cosa».
Matrix.
«Andò avanti tre anni e mezzo, ma le tensioni erano sempre più forti, l’ultima sul caso di Eluana Englaro. Parliamo del 2009, un’era geologica fa, si entrava in una fase dura».
Andò via, ma restando in buoni rapporti.
«Con Berlusconi era impossibile non farlo. Era capace di fare pressioni per mandarti via e poi dirti: avrei voluto che restasse. Ha sempre preservato i rapporti umani».
Secondo lei è vero che più delle inchieste giudiziarie sulla mafia o la corruzione, lo ha danneggiato la lettera di Veronica Lario, le donne e l’uso che ne faceva?
«Parliamo di un personaggio fuori scala. Quanti politici hanno l’amante? La doppia o la tripla vita? Vale per ogni categoria. Il problema di Berlusconi è stata la sua grandeur, che in positivo significava generosità, in negativo voracità».
L’enorme potere gli faceva credere che tutto fosse consentito?
«Era “incontinente”. Nel circondarsi di persone, nel parlare, non aveva la percezione del pericolo. Un’incontinenza verbale, quante volte ne siamo stati testimoni, ma anche di comportamenti. Tecnicamente, se tradisci tua moglie con una o 100 donne si tratta sempre di un tradimento. Ma su questo è stato messo su uno show».
È che la dimensione privata scompare, se poi porti donne selezionate per la bellezza al Parlamento europeo o affidi loro ruoli politici. Questo lo ha danneggiato anche a livello internazionale, gli ha fatto perdere credibilità.
«Ma lo ha scalfito davvero? Se ne va a 86 anni con tutti gli onori. Muore da senatore. Non ci sarà la bandiera a mezz’asta nell’università guidata da Tomaso Montanari, ma c’è al Parlamento europeo. Ne abbiamo fatto una questione antropologica, io stesso ho mandato in onda racconti che non avevano alcuna rilevanza penale, erano solo boccacceschi. Ne abbiamo fatto la soap opera della Seconda Repubblica. Ora è morto Berlusconi, è morta la Seconda Repubblica, l’antiberlusconismo non funziona ed è perdente. L’unica volta in cui la sinistra ha vinto, nel 2006, lo ha fatto per 24mila voti presi all’estero. Da oggi deve pensare a cosa fare per vincere, non per far perdere l’altro. Da oggi, non ci sono più scuse».

LA STAMPA

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