L’abbraccio di Meloni alla famiglia: così la premier raccoglie il testimone di Berlusconi

di Francesco Verderami

Nel Duomo di Milano raccolta la storia politica dell’ultimo trentennio. La leader pubblica un video in cui promette: ti renderemo orgoglioso. La liturgia è rispettata. Renzi: le manca solo di salire su un predellino

L’abbraccio di Meloni alla famiglia: così la premier raccoglie il testimone di Berlusconi

Nel Duomo di Milano è raccolta la storia politica dell’ultimo trentennio. Il volto di ogni leader è come lo stendardo di altrettante battaglie, vissute da una parte e dall’altra della barricata. Come reduci di guerra si accomiatano da Silvio Berlusconi e da un pezzo della loro vita. Insieme voltano la pagina che hanno contribuito a scrivere, in attesa di capire come verrà riempita la prossima. Perciò l’attenzione è concentrata su Meloni, che simbolicamente tende la mano per raccogliere il testimone. I segni sono inequivocabili. La premier — dopo la lettera al Corriere — pubblica sulla rete un video commemorativo del Cavaliere in cui promette che non lo dimenticherà e che lo renderà orgoglioso. E in attesa di varare in sua memoria il pacchetto di riforme sulla giustizia, sul sagrato del Duomo abbraccia e bacia i figli del fondatore del centrodestra.

La liturgia è rispettata fino in fondo, «le manca solo di salire su un predellino», sussurra Renzi. Ma per assumere l’eredità politica di Berlusconi anche un solo passo non sarà piccolo e nemmeno facile, siccome il Cavaliere è stato il sistema metrico-decimale della Seconda Repubblica «e ora — spiega il governatore ligure Toti — bisognerà inventare un’altra unità di misura per andare avanti». Bisognerà capire come reagirà Fratelli d’Italia e come reagirà Forza Italia che — visti i presenti alla funzione religiosa — è un mondo molto più vasto e composito della percentuale che detiene. Resistenze personali si sommeranno a differenze politiche e culturali, pertanto non è scontato l’esito dell’operazione. Se si darà vita a una variante e l’intesa con Meloni sarà mediata da una lista alleata ancorata al Ppe. Una cosa è certa: ora che il numero di Arcore non squilla più, in tutti si scorge l’urgenza. Quasi fosse una emergenza.

Ma per due ore l’assillo resta fuori dal portone del Duomo. In chiesa ognuno si raccoglie pensando ai suoi trascorsi con Berlusconi. Chissà se la premier avrà ricordato quando — da giovane ministro — aderì alla battaglia del Cavaliere contro i «mostri architettonici» disegnati dalle «archistar di sinistra». «Mi hanno messo in croce con una serie di appelli per le villette che ho fatto allestire a l’Aquila dopo il terremoto. Ma Giorgia mi fa notare che sono gli stessi che hanno progettato quartieri come lo Zen a Palermo». E in pieno Consiglio dei ministri si sentì «Giorgia» esclamare: «Bravo presidente, buttali in mezzo alle tende ‘sti falsi potenti». O forse Meloni — da capo del governo — avrà pensato all’ultimo litigio con Berlusconi a causa della guerra: «Silvio ma non mi puoi dire certe cose. Mi sembra di sentire la propaganda russa». La telefonata finì male. Poi arrivò la ricomposizione.

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