Giudici, intercettazioni e riforma penale
Ed allora si vede che accanto a quello dell’atteggiamento del singolo magistrato e della fiducia che deve ispirare, vi è un profilo più ampio, che riguarda il corpo giudiziario nel suo complesso o in parti di esso. Viene così in rilievo il tema cui si riferisce l’intervento legislativo in discussione in Francia e che è spesso oggetto di polemica anche in Italia. Esso ha subito cagionato reazioni allarmate da parte dei magistrati e non è detto che nel seguito della discussione parlamentare trovi approvazione definitiva. Si tratta di questione estremamente delicata, come tutte quelle che riguardano i limiti alle libertà. In più è difficile il giudizio su quali dichiarazioni, di singoli o di gruppi, mettano in pericolo la imparzialità che deve garantire la magistratura. Mentre i limiti dovrebbero essere definiti quanto più possibile. È chiaro che non si tratta soltanto di evitare espressioni settarie, incompatibili con i principi costituzionali o impropri esibizionismi. Ed è difficile applicare criteri generali, per materia, per definire e delimitare i temi su cui il magistrato ed i gruppi di magistrati possono esprimersi. È diffusa in Europa la tendenza di governi e partiti politici a tentare di zittire la magistratura, anche con sanzioni disciplinari, contro singoli e contro dirigenti delle associazioni. Ma è anche vero che occorre tener conto della speciale natura delle funzioni di cui il magistrato è incaricato, con i doveri che ne discendono per i singoli e per i gruppi. La fiducia pubblica nell’imparzialità dei singoli e della magistratura nel suo insieme può esser messa in crisi dall’entrata dei magistrati nel contrasto politico. È esperienza conosciuta quella che ha visto in difficoltà la credibilità della magistratura come conseguenza della sua contrapposizione con altre articolazioni istituzionali o sociali. Da parte della magistratura è opportuno il distacco -invece del coinvolgimento- nel conflitto politico. Poiché la magistratura non è un attore qualunque della vita della società e dello Stato.
È questa un’esigenza diffusa in Europa, di cui le sentenze della Corte europea dei diritti umani sono un aspetto rilevante. Ferma la titolarità anche per i magistrati della libertà di associazione e di espressione, la Corte ha più volte affermato la violazione della Convenzione europea per sanzioni inflitte a magistrati e, in particolare, a dirigenti di associazioni di magistrati. Anche recentemente nei confronti di Ungheria, Polonia, Turchia, Svizzera, ha affermato che non si tratta solo di un diritto, ma è anche un dovere quello dei magistrati e dei loro sindacati di contribuire con le loro valutazioni al dibattito relativo a temi e riforme legislative attinenti alla magistratura e alla sua indipendenza. Anche quando vi siano implicazioni politiche. Ma, fuori di tali tematiche, la Corte ha riconosciuto che la missione particolare del potere giudiziario nella società impone ai magistrati un dovere di riserbo, poiché “la parola del magistrato … è ricevuta come l’espressione di una valutazione oggettiva che impegna non soltanto chi la esprime, ma anche, per suo mezzo, tutta l’istituzione giudiziaria”. E la Corte ha aggiunto che si ha il diritto di attendersi da parte dei magistrati ch’essi facciano uso della loro libertà di espressione con prudenza ogni volta che l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario rischino di esser messi in discussione. I magistrati e i loro gruppi dovrebbero dunque aver sempre presenti le esigenze di protezione della magistratura e del suo ruolo, di cui ciascuno è in qualche modo portavoce. Specialmente quando il contesto sociale e politico vede frequenti attacchi alla magistratura, la difesa della sua indipendenza più che l’ingresso nel conflitto può richiedere riserbo e responsabilità.
LA STAMPA
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