Il naufragio dei migranti in Grecia: «Cento bambini nella stiva». Le vittime potrebbero salire a 600

La nave ferma in porto

Secondo alcune fonti, una delle navi più moderne per interventi in mare, la Aigaion Pelagos della guardia costiera greca, non sarebbe stata impiegata, nonostante fosse in un porto del Peloponneso abbastanza vicino. Le autorità di Atene ripetono che dal barcone hanno rifiutato ogni aiuto. Ancora l’ammiraglio Spanos: «Non si chiede alle persone su una barca in difficoltà se hanno bisogno di aiuto. Si interviene e basta, dal momento che la barca è alla deriva».
La ricostruzione del naufragio diventa ancor più drammatica quando Kriton Arseni, rappresentante di Mera25, il movimento fondato da Yanis Varoufakis, raccoglie le testimonianze di alcuni superstiti: «Ci hanno detto che mentre la guardia costiera stava trainando il peschereccio, dopo averlo agganciato con una corda, all’improvviso la barca si è capovolta, anche se il mare era abbastanza calmo». È uno dei momenti critici di ogni salvataggio, perché vecchie imbarcazioni sovraccariche possono andare in completo squilibrio per i movimenti a bordo, anche se i superstiti hanno negato: «Eravamo troppo accalcati per muoverci». Il portavoce della guardia costiera, Nikos Alexiou, si limita a commentare: «Non si può far cambiare rotta a un’imbarcazione in quelle condizioni, e con tutte quelle persone a bordo, senza collaborazione».

Le salme e il relitto

Le salme sono state trasferite ad Atene, per le autopsie e la raccolta dei dati (impronte, foto, Dna) necessarie per un’identificazione. Per i bambini, forse, non sarà possibile neanche questo. Il naufragio è avvenuto in un uno dei punti più profondi del Mediterraneo, oltre 5 mila metri. Chi era sottocoperta, con ogni probabilità, è rimasto intrappolato nel relitto.

CORRIERE.IT

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