L’effetto del lutto nazionale sull’opposizione (divisa)

Con il «lutto nazionale» Giorgia Meloni ha dunque steso il manto del nuovo potere sull’uomo che l’aveva perso, presentandosi così davanti a tutto il centrodestra come l’erede obbligato. Ma ha anche riaperto una ferita nell’opposizione. Perché l’anti-berlusconismo, come la vecchia talpa di Marx, ha subito ripreso a scavare solchi profondi a sinistra e ad accendere nuove competizioni. Anche qui, tre facce: quella partecipe di Renzi e Calenda ai funerali, quella imbarazzata di Schlein che ci va ma il giorno dopo dice che il lutto nazionale è stata una «forzatura inopportuna», e quella di Conte che non ci va proprio per farsi morettianamente notare di più. Gli anti-berlusconiani duri e puri, che negli ultimi tempi si erano dovuti trasformare rapidamente in anti-fascisti, sono così tornati a picchiare duro sulla sinistra di governo tutta, da D’Alema a Prodi, da Letta a Renzi, rea 1) di non aver espropriato almeno una rete televisiva al Cavaliere, 2) di non averlo dichiarato ineleggibile espellendolo dal Parlamento. Si lamentano cioè che la sinistra al governo non abbia messo fuorilegge il maggior partito di opposizione, quando poteva. E la sinistra di governo non ha oggi la forza per ribattere che sarebbe equivalso a una svolta autoritaria, certo peggiore di quella che viene oggi imputata al governo per molto meno.

Non può perché teme lo scavalco dei Cinquestelle. Così, mentre a destra le ragioni dell’unità prevalgono su quelle della concorrenza interna, a sinistra si pensa per il momento solo alla competizione.

Naturalmente la fine dell’era berlusconiana presenta un rischio anche per il centrodestra, seppure di più lunga durata. Se infatti l’esaltazione del leader unico, eccezionale e carismatico, produrrà nei mesi una conseguente svalutazione elettorale del partito senza di lui, se alle prossime europee Forza Italia non raggiungesse il quorum, allora il centrodestra sarebbe finito, da ricostruire su basi del tutto nuove, perché privo dell’unica forza politica in Italia che è affiliata al Partito Popolare Europeo. Giorgia Meloni lo sa, e per questo crediamo che, in cuor suo, stia sperando di non togliere troppi voti all’alleato ormai accessorio, ma necessario.

CORRIERE.IT

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