Così siamo il coccio tra i vasi di ferro
Le regole del 2011 volevano essere insieme più severe e più intelligenti nell’adattarsi: sospese con la pandemia; appare arduo rimetterle in vigore perché sono diventate troppo complicate. La proposta della Commissione europea ora in discussione evita il più possibile parametri rigidi, prevede una negoziazione mirata con ciascuno Stato che, certo, tenga conto degli investimenti. La Germania e altri Paesi rigoristi non si fidano: temono pateracchi a cui il testo della Commissione, vago, può aprire varchi; vogliono obblighi precisi per i Paesi indebitati. Il ministro tedesco Christian Lindner avverte che senza accordo si tornerà alle norme precedenti, con procedura di infrazione garantita per l’Italia nel 2024.
Bisogna far presto, insistono sia la Bce sia il Fondo monetario, perché il futuro è incerto. Più a lungo i tassi di interesse rimarranno elevati, più il pericolo per i Paesi indebitati si farà vicino. L’Italia prevede di rientrare entro il limite di sicurezza del 3% di deficit nel 2025, la Francia solo nel 2027; entrambe sulla base di previsioni ottimistiche. In Germania si teme che non basti. Si litiga sul Patto perché i governi diffidano gli uni degli altri. L’unica via è impostare prima i nuovi compiti (se non le «ambizioni politiche») dell’Europa, tra spese militari, competizione tecnologica con la Cina, difesa del clima. Solo priorità davvero condivise, e mutualmente sostenute (la Germania più vi rilutta), renderebbero accettabili regole stringenti per i bilanci nazionali.
LA STAMPA
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