Elon Musk, le democrazie e la dittatura dell’algoritmo
«Fate più figli, l’Italia sta scomparendo». Ci mancava Elon Musk a Palazzo Chigi, per spiegarci l’inverno demografico che, insieme all’Apocalisse climatica, ci cancellerà dalla faccia della Terra. Ce lo doveva dire lui, quintessenza delle contraddizioni contemporanee, simbolo vivente dei sogni più affascinanti e degli incubi più distopici della post-modernità. Seduto su un patrimonio personale di 187 miliardi di dollari, il Turbo-Capitalista più ricco e più visionario del mondo ha appena ricevuto l’autorizzazione della Food and Drug Administration a impiantare microchip nel cervello, ma a Giorgia Meloni ha detto che è preoccupato per l’Intelligenza Artificiale, che secondo un documento da lui stesso firmato insieme al capo di ChatGpt e ad altri 350 guru potrebbe «annientare il genere umano».
D’accordo, sulla natalità lui la sua parte la sta facendo: ha ben sette figli (compresa una bimba concepita con la maternità surrogata, che per la Sorella d’Italia sarebbe «reato universale»). Nel frattempo, ha spedito nell’atmosfera i suoi 130 mila satelliti Starlink e nel cosmo una comitiva di astronauti a bordo delle sue navicelle private SpaceX. Ha riempito le strade, sfornando le sue Tesla elettriche da 130 mila euro l’una. Ma ha svuotato Twitter, licenziando 36 dipendenti al giorno da quando la comprò per 44 miliardi di dollari nell’ottobre 2022. Cosa può fare Elon Musk per l’Italia non è ancora chiaro. Il governo è a caccia di investimenti stranieri, ma il funambolico tycoon ha appena scelto la Germania per insediare la sua prima Gigafactory europea per le batterie elettriche. Con la premier e col ministro degli Esteri ha parlato di tutti i business che gli stanno più a cuore.
L’aerospazio, la cybersecurity, l’automotive, dove siamo al terzo posto in Europa con 50 miliardi di ricavi, 2.467 aziende e 163 mila occupati. Ma soprattutto i Social Media, con tutte le sue implicazioni e derivazioni, dal Deep Fake all’impiego delle «macchine intelligenti».
Qui sì, il ruolo dei «Capitalisti della Sorveglianza» è veramente cruciale. Dopo aver tirato la volata a Trump e poi lanciato il suo endorsement per l’altro candidato repubblicano (il governatore della Florida Ron De Santis), Musk con la sua «compagnia dell’uccellino» sta giocando una partita ambigua. Meloni e Tajani gli hanno chiesto perché si sia ritirato dal Digital Service Act Europeo. La risposta non la sappiamo. Ma conosciamo le incognite che si nascondono in questa gigantesca zona grigia, dove si incrociano libertà dell’informazione, tecnologie digitali e Intelligenza Artificiale.
Siamo tutti contenti per la decisione del Parlamento europeo, che una settimana fa ha approvato a larghissima maggioranza un Regolamento sull’uso delle «macchine intelligenti». Come hanno scritto su La Stampa Luigi Manconi e Federica Resta, è il primo provvedimento al mondo che introduce una disciplina minima all’algoritmo, per tutelare diritti e libertà. C’è il divieto di riconoscimento facciale in tempo reale nei luoghi pubblici, che evita quelle odiose forme di biosorveglianza sperimentate in Cina durante il Covid. C’è il divieto dei metodi di «polizia predittiva» fondati sulla previsione dei comportamenti futuri di un soggetto in base alla serie statistica delle condotte passate, che ci ricordano le mostruose indagini sugli «psico-reati» descritte da Philip Dick in Minority Report. C’è il divieto delle tecniche di riconoscimento delle emozioni nelle indagini e del cosiddetto social scoring, cioè la classificazione dei cittadini sulla base delle caratteristiche soggettive, che rievoca le vecchie dottrine lombrosiane rivisitate in forma più sofisticata. Può bastare, tutto questo?
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