Nordio: «Riforma della giustizia, vado avanti. Mai legittimati gli evasori»

Lei ha accusato il pool di Mani pulite di aver innescato il conflitto con la politica con l’avviso di garanzia a Berlusconi «notificato a mezzo stampa» nel 1994. S’è dimenticato le leggi ad personam?
«Una cosa è cominciare, un’altra è alimentare. Certamente Berlusconi ha perso tempo e opportunità con leggi ad personam, tra l’altro inutili, che io stesso ho più volte criticato nei miei editoriali dell’epoca. Ma la valanga di procedimenti cui è stato sottoposto, e un invito a comparire notificato a mezzo stampa durante una conferenza internazionale, hanno innescato un corto circuito funesto. La nemesi poi ha voluto che fosse vittima di una interpretazione retroattiva, contra personam, della legge Severino».

Tornando alla sua riforma, perché non una delle critiche all’abrogazione dell’abuso d’ufficio da parte di pressoché tutti i magistrati intervenuti è stata accolta?
«Per le ragioni spiegate da altri autorevolissimi giuristi, da Sabino Cassese a Luciano Violante. Perché tutti i sindaci e gli assessori ne sono oppressi, senza aver fatto nulla di male; perché il cittadino è la vittima finale di questa amministrazione difensiva che non dà risposte in tempi rapidi; e perché se su 5.000 processi arrivano solo 9 condanne, tra l’altro per reati connessi, significa che la norma, dopo venti anni di cambiamenti, è un fallimento».

Secondo il procuratore Raffaele Cantone spesso fatti di corruzione si scoprono proprio attraverso le indagini sull’abuso d’ufficio.
«Cantone è un bravissimo magistrato e gode della mia massima stima. Ma rappresenta bene il detto di Senofane, che se un triangolo potesse parlare descriverebbe Dio fatto a triangolo: cioè ognuno vede le cose sotto la lente più o meno deformante delle proprie funzioni. E infatti gli amministratori la vedono in modo opposto. Come la separazione delle carriere: per molti magistrati è una catastrofe, per gli avvocati una panacea. Il legislatore deve avere una prospettiva più ampia e perseguire l’interesse collettivo».

Per evitare la «paura della firma» da parte degli amministratori, la politica non dovrebbe considerare un avviso di garanzia (o anche una condanna in primo grado) un impedimento a proseguire il lavoro, anziché abolire il reato?
«Magari fosse possibile, ma è una battaglia perduta. Infatti interverremo, più avanti, con una riforma del codice di procedura penale, anche sull’informazione di garanzia, nel senso da lei auspicato».

Non temete censure da parte dell’Unione europea sull’abolizione di questo reato e per l’ulteriore restringimento del traffico d’influenze?
«No. Abbiamo spiegato in modo convincente al commissario europeo Didier Reynders quale sia l’arsenale complessivo dei nostri reati punibili, che non lasciano vuoti di tutela. Ciò non toglie che, come ha annunciato la senatrice Giulia Bongiorno, l’intero complesso dei reati contro la pubblica amministrazione debba essere rivisitato. Lo abbiamo già fatto con il traffico di influenze, adeguando meglio la fattispecie ai principi di tassatività, specificità e chiarezza. Attualmente è così evanescente da essere inapplicabile. Il nostro Ufficio legislativo ha fatto un lavoro certosino, valutando i pro e i contro di ogni innovazione, secondo un determinato indirizzo politico che, come sempre, è il frutto di valutazioni tra le varie componenti. Alla fine il testo ha ottenuto l’assoluta unanimità, e al Consiglio dei ministri c’è stato persino un piccolo applauso».

Perché è necessario un collegio di tre giudici per ordinare un arresto in carcere? Non bastava il tribunale del riesame collegiale?
«Perché il tribunale del riesame, che molto spesso annulla le ordinanze di custodia cautelare, interviene quando il danno è già stato fatto. Dieci giorni di prigione per chi non doveva esser incarcerato sono una sofferenza atroce. Meglio prevenire che rimediare».

L’interrogatorio prima dell’arresto prevede numerose eccezioni: la montagna ha partorito un topolino?
«A noi sembra un principio di civiltà e razionalità. Certo, l’intero sistema della carcerazione preventiva andrà rimodulato, ma questo avverrà quando realizzeremo un codice liberale come quello che Giuliano Vassalli, eroe pluridecorato della Resistenza e grande giurista, aveva voluto, e che invece gli è stato snaturato sin dal primo momento».

Perché si potranno pubblicare solo le intercettazioni riportate in un provvedimento del giudice?
«Perché l’articolo 15 della Costituzione è tassativo sulla segretezza delle comunicazioni, che eccezionalmente può essere limitata da un provvedimento motivato del giudice. Quel che resta fuori è pettegolezzo, ed è un oltraggio alla stessa Costituzione. Mi stupisce che tanti che la definiscono la più bella del mondo dimentichino questo principio. La segretezza è l’altra faccia della libertà, il voto è segreto proprio perché dev’essere libero».

Ma se altri atti non più segreti contengono elementi di interesse pubblico, perché non si possono divulgare?
«Proprio perché lo dice l’articolo 15 della Costituzione. E poi questo concetto di interesse pubblico è così vaporoso che può comprendere anche le sfere più intime degli individui. Lo stesso vale per certi atti che pur sono inseriti nel fascicolo processuale, come la cartella clinica della vittima o le fotografie pedopornografiche. Vogliamo pubblicare anche quelle?».

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