Le vacanze infinite di Di Battista: «Eccomi a Quito, poi l’Amazzonia»
di Fabrizio Roncone
L’ex parlamentare, 42 anni, riparte e «promette» un nuovo documentario dopo avere lasciato la politica
Alessandro Di Battista è ripartito.
Va in Amazzonia.
Niente battute meschine, state calmi, fatevene una ragione: tanto quello è sempre in vacanza.
Primi post su Instagram per farci schiattare di invidia: «Ciao a tutti. Come state?». E come stiamo, Dibba: stiamo al chiodo. Noi. E tu?
«Ora sono a Quito, la seconda capitale più alta del mondo. Nei prossimi giorni discenderò uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni e, poi, il “grande fiume” fino all’Oceano Atlantico».
Felpa, zainetto, barbetta da esploratore, già abbronzato, presto con la bandana d’ordinanza: più il solito sguardo piacionesco che si portano dietro un po’ tutti quelli che arrivano da Roma Nord, loro però condannati a Fregene, bruschette con le telline da Mastino e Rolex Submariner, mica come lui.
«Viaggerò dalle Ande all’Oceano, passando per Ecuador, Perù, una piccolissima parte di Colombia e Brasile. Mi aspettano 5.000 chilometri in barca».
Promette uno dei suoi documentari. Il capolavoro è che riesce ancora a farseli pagare. I soldi li mette TvLoft. A Sky ci sono cascati solo una volta: telespettatori imbufaliti, l’account di Sky Atlantic costretto a rimuovere il tweet con cui annunciava la messa in onda del programma, Aldo Grasso lo definì «Il più brutto dell’anno».
Era l’autunno del 2019. Dibba partì con la moglie Sahra Lahouasnia (all’epoca 31 anni, una delle donne più pazienti del pianeta) e il figlio Andrea, appena cucciolo. Dalla California vennero giù fino in Guatemala, passando per il Chiapas, il Messico, il «caracol zapatista di Oventic». Bus, autostop, carri trainati da muli, giacigli di fortuna. Lui, Dibba, molto nella parte del rivoluzionario: un pomeriggio si collega su Facebook da «un luogo imprecisato» del Sud America (disse proprio così: tipo Subcomandante Marcos, ma senza passamontagna). Poi chiede ospitalità in un villaggio. Ma alcuni ricercatori italiani che lavorano laggiù — era la stagione del governo gialloverde — avvertono i companeros: «Guardate che il tipo impegnato a fare il terzomondista è, in realtà, il leader di un partito che in Italia va a braccetto con la destra». Comincia a girare un hashtag: «DiBattistaFueraYa». Lo inseguono con i forconi. Lui porta in salvo la famiglia, ma — ostinato — continua a spedire alcune corrispondenze al Fatto.
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